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Verdict

Regia di Raymund Ribay Gutierrez vedi scheda film

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La recensione su Verdict

di maghella
9 stelle

 

Filippine, oggi.

Yoi rientra a casa con la figlioletta di pochi anni, dopo una cena a casa dei genitori. Dante, il marito torna dopo poco completamente ubriaco, e inizia ad aggredirla, prima verbalmente, poi picchiandola violentemente. Nella lotta viene colpita alla testa anche la bambina. A vedere la figlia sanguinare, Yoi raccoglie le sue ultime forze, ferisce con un coltello il marito ad un braccio e fugge. Raggiunto il primo centro di polizia, denuncia Dante che viene raggiunto a casa della madre e arrestato. Comincia da questo momento la lunga storia burocratica e legale da parte di Yoi, che vuole ottenere in tutte le maniere giustizia. Dante dal suo canto, prima cerca di ottenere il perdono da parte della moglie, poi -capito che non tornerà più a casa- inizierà una dura lotta in tribunale affidandosi ad un importante avvocato, che però è troppo costoso e non porterà a fine la causa. Yoi, che inizialmente crede di aver la vittoria in tasca, si rende conto ben presto che non basta portare come prova le cicatrici e i lividi per le botte ricevute: dopo qualche mese si necessita di avere in tribunale  dei testimoni in carne ed ossa, che Yoi ha difficoltà a trovare. La violenza verbale, fisica e psicologica,  non avviene per Yoi solo all'interno delle mura domestiche , ma continua anche dopo, nelle ore seguenti all'arresto di Dante. Per l'incomprensibile iter burocratico, infatti, l'uomo segue la moglie  ammanettato, con la quale continua a firmare moduli e verbali prima di comparire davanti al procuratore. La scarcerazione di Dante dopo pochi giorni, grazie ad una costosa cauzione che la madre di lui trova con non poche difficoltà,  rende Yoi sempre più insicura, temendo che il marito possa rapirle la figlia e influenzare i pochi testimoni a suo favore. La vicenda è seguita da una macchina da presa apprensiva, ansiosa, mescolata sempre tra la folla, appare quasi "sudata", ci mostra via via il suo sguardo incredulo per una storia che pare non vedere la fine. Una regia partecipata, nel senso che cerca un realismo di pelle, facendo percepire allo spettatore  il calore infernale, il disagio di ambienti non adatti ad ospitare le patrie galere, oppure le aule di tribunali piuttosto che ospedali e stazioni di polizia. Tutto questo disagio aumenta con la visione dei locali apparentemente lussuosi dello studio dell'avvocato, che rende palpabile il dislivello delle classi sociali in quei luoghi.

Alla fine del film i verdetti saranno 2: quello "divino" e quello legale. Avvicente film drammatico, supportato da un realismo viscerale e penetrante, che sottolinea una mentalità ancora maschilista purtroppo vincente. Basta una frase dell'interrogatorio all'ultima udienza, quando il procuratore chiede a Dante: "pensa che amare sua moglie le dia l'autorizzazione a maltrattarla?", lui, dopo un tentennamento risponde sicuro: "sì ".

 

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