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I piccoli maestri

Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film

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La recensione su I piccoli maestri

di LorCio
6 stelle

Quello che per molti è il film meno riuscito di Daniele Luchetti prima del flop di Dillo con parole mie, è una difficile sintesi tra il peso di un’opera fondamentale come quella di Luigi Meneghello e le esigenze di botteghino. I piccoli maestri è il resoconto doloroso e anche malinconico di un’esperienza che sconvolge la vita: la lotta partigiana di un gruppetto di studenti universitari appartenenti al Partito d’Azione che s’imbatte in rappresaglie, rastrellamenti, fucilazioni, umiliazioni, patimenti. Una cosa è certa: il film tocca il cuore di quelle persone che nei valori della Resistenza ci credono e ringraziano calorosamente quei ragazzi che salirono sulle montagne in nome della libertà e lo spettatore sensibile non ha il coraggio di stroncarlo; e allo stesso tempo si rivela non sempre spedito, spesso lento, con qualche digressione di troppo. E la retorica tanto condannata dai protagonisti – specialmente nella prima parte – è in realtà cifra caratteristica dell’intero film.

 

Se il film di Luchetti non centra davvero il bersaglio una qualche responsabilità andrebbe avanzata anche verso il team di sceneggiatori, i prolifici Stefano Rulli e Sandro Petraglia più Domenico Starnone e lo stesso regista, il cui copione non è sempre è all’altezza della situazione e spesso casca in banalità e goffaggini da compitino democratico. Il problema di questo tipo di sceneggiature è che quasi “ingabbiano” gli attori, essendo molto scritte anche nei minimi particolari. Talora può essere una virtù, ma in film del genere, dove la spontaneità e l’istintività dovrebbero essere tutto, è un difetto. Però, scusate, io non riesco a dir di più, mi sembra di fare un torto a ciò che è stato ed è accaduto. Lo spettatore consapevole e sensibile non può che sospendere il giudizio di fronte a scene come il massacro del partigiano gentile sulla montagna e la proiezione sullo schermo del cinema delle vicende dei compagni persi per strada. Il migliore in campo è Marco Paolini: sarà per quell’accento veneto che trasmette l’esperienza della sofferenza, sarà per quella faccia un po’ così di chi ne ha viste tante, sarà per quel modo di gettar le battute con l’enfasi più accorata ed essenziale.

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