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Seberg - Nel mirino

Regia di Benedict Andrews vedi scheda film

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La recensione su Seberg - Nel mirino

di alan smithee
4 stelle

FESTIVAL DI VENEZIA 76 - FUORI CONCORSO

La diva della Nouvelle Vague e i Black Power. Verso la fine degli anni Sessanta, la bionda, eterea diva americana, all'apice della sua carriera sviluppatasi soprattutto in Europa, durante un suo viaggio di rientro in patria si imbatte in un gruppo di primari esponenti del movimento nato qualche anno prima per enfatizzare l'orgoglio razziale e promuovere gli interessi della comunità nera negli Usa: di fatto una organizzazione subito presa di mira dai servizi segreti Usa, per cercare di anticiparne le mosse, giudicate sovversive e di fatto simili ad azioni terroristiche. Una fotografia a pugno alzato assieme ad un affascinante esponente, di cui l'attrice non può fare a meno di subirne l'appeal, classifica immediatamente la diva come un personaggio da tenere sotto controllo e da sfruttare per carpire eventuali segreti su azioni e progetti in capo al gruppo sovversivo.

Da quel momento, la vita dell'attrice, già propensa a cader vittima di un'ansia sfiancante, si avvia verso un tunnel senza uscita che culminerà, circa un decennio successivo, con un suicidio dai tristi connotati non del tutto ancora chiariti.

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Il film si Benedict Andrews (regista di Una, visto alla Festa del Cinema di Roma edizione 2016), è strutturato sin troppo classicamente come un biopic che si concentra tuttavia sul breve, concitato periodo in cui l'FBI mise così sotto pressione l'attrice, da comprometterne il profilo psicologico, e dunque la carriera e, in generale, l'esistenza stessa. Il film, piuttosto piatto e banale, si sofferma sulla tormentata storia di passione che coinvolge l'attrice e il militante Hamik Jalal (interpretato da Anthony Mackie), a sua volta sposato e per questo suscettibile di uno scandalo che i servizi segreti contribuirono ad infuocare nel tentativo di interferire e compromettere lo sviluppo di ogni progetto da parte di quel gruppo attivista temuto ed osteggiato.

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La Seberg è interpretata da una platinata e molto bella Kristen Stewart, che tuttavia, ancora una volta, non può che sviscerare la sua unica espressione dolente che la rende, ahimè, un'attrice piuttosto limitata dal punto di vista espressivo.

Il film segue il ciclone, mediatico, sentimentale, ideologico, che travolge l'attrice per opera di un ingegnoso e dotato tecnico del suono (lo interpreta il bravo Jack O'Connell) che, assunto nell'FBI, sarà colui che contribuirà a rendere un'inferno la vita della diva e del suo paziente marito (Yvan Attal, molto spaesato, qui nel ruolo dello scrittore e regista Romain Gary), ma anche colui che in qualche modo, travolto dai sensi di colpa nei confronti delle misure prese nei confronti dell'attrice, prenderà le distanze da quell'azione organizzata per contrastare a qualsiasi costo, la vita di quella temuta organizzazione.  

Al di là di una puntigliosa ricostruzione d'ambienti, il film, nonostante il buon cast (c'è pure un bolso e integerrimo Vince Vaughn nei panni del capo del nostro protagonista-spia), non offre particolari spunti per convincere, né tantomeno farsi ricordare.

 

 
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