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Non sono un assassino

Regia di Andrea Zaccariello vedi scheda film

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La recensione su Non sono un assassino

di Furetto60
6 stelle

Legal thriller a passo di giallo.Efficaci le atmosfere, avvincente il racconto, ma la trama è un tantino confusa. Ottima la prova degli attori

Francesco Giovanni e Giorgio sono tre amici di vecchia data, che hanno condiviso l’intero periodo dell’adolescenza, poi ognuno ha imboccato la sua strada, ma sono sempre rimasti legati. Tre personaggi uniti da un sottile fil rouge: la legge. Francesco alias Riccardo Scamarcio, vicequestore, Giovanni Mastropaolo, alias Alessio Boni giudice, Giorgio, avvocato, ricco di famiglia, che scivolato nell’abisso dell’alcolismo, per una delusione sentimentale, è stato costretto ad interrompere l’esercizio della professione.In un freddo e piovoso mattino d’autunno,  Francesco riceve una misteriosa telefonata e si reca immediatamente dall’amico Giovanni, un tempo erano inseparabili  e dividevano segreti e respnsabilità, ma  non si incontrano ormai da ben due anni,  i rapporti sembrano essersi raffreddati e diradati. Non sappiamo a questo punto cosa accade, Tuttavia veniamo a sapere che è stato rinvenuto il cadavere di Giovanni. Nessuno sembra esserci stato dopo e prima di Francesco, tutti i sospetti ricadono quindi su di lui, l’unico presente sulla scena del crimine nell’ora in cui il coroner ha stimato essere avvenuto il decesso, sue sono le uniche impronte rilevate.Sembra paradossale! Un uomo delle istituzioni che viene improvvisamente accusato dell’omicidio di un suo fraterno amico, Lui si dichiara del tutto innocente, parla di una moto parcheggiata fuori alla villa, che però nessuno ha visto, si affida per la propria difesa a Giorgio, inoltre cerca di riconciliarsi con la figlia, che non gli perdona di aver lasciato la famiglia per un’amante.Questa parte del film  è piuttosto rarefatta, ci sono immagini confuse, continui sbalzi temporali, che scrutano, la vita del protagonista, Francesco Prencipe. Brevi dialoghi, incontri, che a mano a mano provano a svelare il mistero narrando particolari dell’amicizia tra il poliziotto e il giudice. Li vediamo prima ragazzi, quando hanno stretto un misterioso patto: non aprire mai un cassetto segreto della scrivania di Giovanni, dove ha nascosto qualcosa che non ha mai voluto rivelare, poi li ritroviamo adulti, in compagnia delle mogli, uniti e poi in tensione, ma abbiamo sempre l’impressione che vi sia qualcosa in sospeso, qualcosa di non detto, forse quella chiave che spesso la si vede tirare fuori a rammentare il segreto, che ha un valore fortemente simbolico.Comunque dopo un interrogatorio e qualche  momento di incertezza, Francesco su ordine del PM viene arrestato e presto se ne celebra il processo. IL Pubblico Ministero, Paola Maralfa, la Gerini finalmente in un ruolo serio, con voce roca ed inflessione sicula,è certa della sua colpevolezza e ne chiede la condanna all’ergastolo, sulla scorta  però di sospetti e sensazioni, non su prove, gli indizi sono vaghi. Però l’arringa è appassionata e convincente e sembra condurre la giuria ad un verdetto di colpevolezza, anche perché la difesa traballa per le incertezze di Giorgio, troppo immerso nel suo mondo delirante e in preda ad amnesie alcoliche, tuttavia si verifica il colpo di scena, Giorgio caccia dal cappello a cilindro, il suo coniglio, la carta decisiva, allorquando, chiamato a testimoniare un contadino che avrebbe visto l’auto dell’imputato sfrecciare via nell’ora del delitto, mentre coglieva dei fichi, smonta la sua testimonianza, in quanto l’albero presso cui avrebbe visto Francesco andar via, non produce quei frutti, quello si trova in  altro luogo, da cui la vista non gli sarebbe stata consentita. Insomma l’unica prova, di una certa sostanza, che avrebbe potuto inchiodarlo frana miseramente, perché basta una sola, singola, bugia e la credibilità inesorabilmente crolla, come un castello di carte che frana al minimo alito di vento. Giorgio lo sa e lo ricorda chiaramente. Chi è innocente non mente e chi mente una volta, non è più creduto, perché può mentire sempre, è una massima fondamentale nel diritto, che s’impara da studenti di giurisprudenza. Questo vale nei tribunali e vale anche nella vita di tutti i giorni.Snocciolando i ricordi di Francesco Prencipe che ci vengono mostrati sullo schermo, iniziamo però a vederne di volta in volta le contraddizioni e le ambiguità, “Tu non sei un bugiardo, tu sei di più: tu inventi le vite”. Il film è  un legal-thriller atipico, poiché, al di là delle indagini, degli interrogatori e del processo con il dibattimento innanzi alla Corte d’Assise, più che sulla dinamiche criminali, indaga sulla psicologia dell’imputato, la sua personalità, i suoi affetti e i suoi demoni. Il delitto in se pare restare estraneo all’aula di Tribunale, riaffiorano pian piano invece i ricordi. Si continua a scavare nella personalità di Prencipe, con flashback che rimandano all’amicizia con Giovanni, al matrimonio, alle amanti e Francesco sembra innocente in tutto, anche quando non lo è: il divorzio, i tradimenti, il rapporto con la figlia e quello con Giovanni. Con la sua sciolta e suadente parlantina ci potrebbe persuadere della sua buona fede, ma quando tutti tasselli, vanno al loro posto, in questo puzzle e si compongono nella mente dello spettatore, prende forma un personaggio diverso da quello che ci si era immaginati all’inizio. Uno alla cui parola non si dovrebbe mai credere, sebbene lui sembri davvero convinto di ogni singola cosa che dice, al punto che, forse inganna anche sé stesso. La memoria che serbiamo, in merito a un avvenimento, non sempre coincide realmente con quanto è di fatto avvenuto. Al di là del verdetto, al di là dell’imputazione, al di là dell’omicidio, che potrebbe o non aver commesso, l’ambiguità del comportamento di Francesco getta un’ombra sulla sua intera persona. Quando si trova in carcere in attesa del processo, si incontra con malavitosi enigmatici e oscuri, scambia messaggi, con un fantomatico “professore” altro uomo misterioso, forse un grande capo della malavita organizzata, il confronto a distanza, con questo “innominabile” è un altro tassello misterioso. Il regista, Andrea Zaccariello, si cimenta in un lavoro molto ambizioso, non privo di difetti,scivolando talvolta,in qualche ingenuità narrativa, il continuo gioco di flashback e flashforward, rimandi e memorie, spariglia un po’ troppo le carte, rischiando spesso di confondere e spiazzare,ma anche riuscendo a creare il giusto pathos e l’atmosfera ideale, per rapire e stupire lo spettatore. Sullo sfondo i grandi temi giuridici, l’interpretazione e l’applicazione del Diritto. Trasposizione dell’ottimo romanzo di Francesco Caringella del 2014, è un film che non racconta in modo scorrevole una storia, ma in modo avvincente, prova a giocare con le emozioni dello spettatore, facendolo assistere, ai modi con cui viene condotta una indagine, le modalità con cui si prepara un processo, in buona sostanza, su come viene gestita la Giustizia. Il diavolo esiste ed è tra noi. Epigrafe, che nel film viene ripetuta più volte e che da sola, dà il senso e il significato del film. Ottima la prova di tutti gli attori. Menzione speciale per la colonna sonora, l'indimenticabile album degli Emerson, Lake & Palmer "Pictures at an Exhibition"

 

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