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Cime tempestose

Regia di Luis Buñuel vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Cime tempestose

di laulilla
8 stelle

L’ uscita in sala di “Emily”, biopic della grande Emily Jane Brontë, mi induce a scrivere di “Abysmos de passion” ovvero della trasposizione buñueliana di “Wuthering Heigs” il grande romanzo della scrittrice dello Yorkshire, oggetto frequente dell’interesse di importanti cineasti.

Cime tempestose aveva ispirato, fin dai primi anni 30, un progetto cinematografico di Luis Buñuel, che infatti, insieme all’amico sceneggiatore surrealista Pierre Unik* ne aveva scritto un adattamento: “Non era una sceneggiatura, ma solo una linea narrativa di una ventina di pagine, che non si addentrava molto nei dettagli“, aveva detto il regista in un’intervista**, aggiungendo  di aver sempre ammirato quel romanzo, “che entusiasmava i surrealisti per il suo clima di passione, per l’amore folle che travolge tutto”.

 

Solo nel 1953, tuttavia,  aveva ripensato all’antico progetto, in seguito a una telefonata dell’amico produttore Oscar Dancigers, conosciuto a Los Angeles nel 1946, che lo stimava e per il quale aveva girato celebri film non solo “alimentari”.


L’amico si informava se avesse pronto lo script per una commedia, avendo a disposizione, per contratto, un cast di attori comici molto noti.
Luis Buñuel aveva solo quell’esile “linea narrativa“, ma nonostante le difficoltà il film sembrava finalmente in procinto di realizzarsi.

 

Il momento era propizio: dopo la fine della guerra si tornava alla vita e al cinema; molto invecchiato appariva, ammesso che qualcuno lo ricordasse, Wuthering Heigs, girato nel 1939 da William Wyler.
Gli attori, anche se non erano i più giusti, erano bravi e professionali: si trattava di  adattare la loro recitazione ai singolari personaggi ultra-romantici di Emily Brontë. Anche la musica era pronta: la musica dal Tristano e Isotta di Wagner che già aveva accompagnato perfettamente, col suo fluire inarrestabile, le prime pellicole surrealiste. 


Il film fu girato a Taxco, negli studios Tepeyac, oltre che in una fattoria nella quale avevano trovato posto gli “interni” dello scenografo Edward Fitzgerad. Intorno era il paesaggio molto secco di quella parte del Messico, in primavera.

 

 

Il romanzo e il film buñueliano

 

La cupa vicenda del romanzo ovvero la storia dell’amore maudit che nasce fin dall’infanzia fra Heatcliff e Catherine, nel selvaggio e ventoso Yorkshire, presenta alcuni caratteri del romanzo gotico tardo settecentesco, nonché inquietanti corrispondenze fra gli umani destini e l’orrore del paesaggio, emblematico del male profondo che è nella natura, della cui ferocia l’umanità – in un primo momento fiduciosa per eccesso di ottimistico candore – diventa cosciente, ricavandone un’irrimediabile disperazione.


Il film buñueliano riprende la storia d’amore, adattandola alla visione surrealista: guarda, pertanto, con l'”occhio tagliato” l’amore degli amanti maledetti. Il nuovo sguardo si apre sulla realtà rivelata dalle scoperte darwiniane, dall’Es e dal Dionisiaco, e si posa sulle  ingiustizie sociali, che denuncia con violento impegno.

Tornano dunque gli antichi temi cari all’arte e al cinema surrealista e torna per Bunuel la convinta militanza degli inizi, combattiva, per lui come per tutti gli artisti surrealisti, contro le stolide illusioni romantiche.


In questo modo, Abysmos de passion interpreta, meglio di qualsiasi opera troppo fedele al testo della Brontë, l’air du temps, da cui erano nati i suoi primi film Un chien andalou, L’age d’or e Las Hurdes: la passione amorosa, espressione del desiderio; la morte inevitabile, la fine della bellezza classica e la denuncia dell’ingiustizia sociale.

 

Heatcliff ora si chiama Alejandro (Jorge Mistral); Catherine è Catalina (Irasema Dilian): erano cresciuti insieme, giocando, rincorrendosi e scoprendo i luoghi segreti della natura vicino alla casa dove vivevano, ma da cui presto sarebbe fuggito Alejandro, inviso alla famiglia dei fazenderos, nella quale tutti ritenevano scandalosa tanta promiscuità fra la bimba, la figlia dei padroni della bella tenuta ai piedi delle montagne  e il piccolo selvaggio, il ribelle e feroce figlio del servo di casa.

 

il film inizia tagliando fuori una larghissima parte del romanzo e concentrando ogni attenzione sul ritorno di Alejandro, ormai ricco e adulto, nei luoghi della giovinezza dai quali se n'era andato poverissimo e umiliato in cerca di fortuna.

 

Catalina non lo aveva dimenticato, però, anche se era diventata la moglie devota e incinta di Eduardo (Ernesto Alonso), ricco e sfaccendato possidente pieno di pregiudizi e di odio nei confronti dei servi, così come suo fratello Ricardo (Luis Aceves Castañeda) e sua sorella Isabel (Lyla Prado).

 

 

 

 

 

Il ritorno di Alejandro avrebbe fatto esplodere l’equilibrio precario che si era creato fra i personaggi del dramma e, nonostante il tentativo grottesco di Isabel di trasformare l’imminente tragedia in dramma della gelosia, avrebbe presto messo in luce l’impossibilità di ciascuno di sottrarsi al proprio destino, scritto dalla natura e ricordato persino dai libri sacri, veri tesori di sapienza per chi ne intenda il messaggio senza edulcorarlo, come aveva fatto la rilettura cristiana della Bibbia - Sapienza, incipit capitolo 2:

 

 

La nostra vita è breve e triste;
non c’è rimedio, quando l’uomo muore,
e non si conosce nessuno che liberi dagli inferi.
Siamo nati per caso
e dopo saremo come se non fossimo stati.
E’ un fumo il soffio delle nostre narici,
il pensiero è una scintilla
nel palpito del nostro cuore.
Una volta spentasi questa, il corpo diventerà cenere
e lo spirito si dissiperà come aria leggera.
Il nostro nome sarà dimenticato con il tempo
e nessuno si ricorderà delle nostre opere.
La nostra vita passerà come le tracce di una nube,
si disperderà come nebbia
scacciata dai raggi del sole
e disciolta dal calore.

 

 

 

Il film si conclude con la lettura di questi versi, ad opera del servo di Ricardo, che ha finalmente abbandonato la sua fideistica e superstiziosa religiosità.

 

———————————————————-

 

* Pierre Unick (1909-1945) non vide la realizzazione del film, a cui, in qualche misura, aveva contribuito: morì per mano dei tedeschi che aprirono il fuoco mentre tentava di fuggire da un lager polacco..

 

** l’intervista, nella sua traduzione italiana, è contenuta in:
Buñuel secondo Buñuel – a cura di Thomas Perez Turrent e José de la Colina – Milano Ubulibri 1993 –



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