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Briganti

Regia di Otar Ioseliani vedi scheda film

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La recensione su Briganti

di luisasalvi
4 stelle

Vari racconti, intrecciati in modo talvolta meccanico o semplicistico, dal medioevo ad oggi, per la tesi che ogni tempo è paese e tutti i capi sono briganti, o piuttosto che tutti gli uomini sono pronti a diventarlo? Non mi pare che arrivi a questo, che pure sarebbe quasi ovvio. Ma non l'ho indagato più di tanto, perché non mi pare che lo meriti: il racconto del medioevo, di cintura di castità a più chiavi, è banalotto e narrato in modo goliardico (voluto?), con passaggio facile ma fatto in modo assurdo e credo involontariamente ridicolo dalle torture di allora a quelle moderne riprese dai manoscritti di allora, scritti dal signorotto (scriba?) ed ora riletto da torturatori zotici ma con abilità da studiosi di testi antichi; torture descritte con facile crudeltà, senza alcun senso, senza analisi psicologica né per sadismo né per interesse; tutto gratuito: mi pare meglio un modesto horror. Inefficace come denuncia, non è neppure buon cinema. Qualche battuta, qualche momento azzeccato (ad imitazione di Fellini?), in un film nell'insieme sgradevole, tutt'altro che divertente. 

Su Otar Iosseliani

Un’impostazione di regia da documentario un po’ troppo compiaciuto per il proprio pessimismo di maniera che tende a vedere tutto in negativo. Particolarmente evidente sia il taglio documentario, sia il fatto che sia finto, costruito, in Un incendio visto da lontano; mi era piaciuto di più la prima volta, ma non ne ricordavo più nulla, neppure rivedendolo; questo non è un segno di buon film, ma forse aiuta a vedere la chiave del regista, in un falso e paradossale stile documentario per aspetti che non sono affatto reali: surrealismo o simbolismo magico? Lo stesso che caratterizza i “documentari”, che in realtà non sono tali: come Un petit monastère en Toscane, in cui è tutto recitato, sia pure con apparente verosimiglianza, ma sempre con un taglio molto critico. Più ne rivedo, più mi ricordo di averne già visti, e confermo l’etichetta (per quel che questa può valere, in generale) di “surrealismo”, tecnicamente compiaciuto (troppo) come spesso accade, e poco incisivo, tanto che li dimentico molti subito ogni volta. Ho già segnalato il carattere autobiografico di C'era una volta un merlo canterino, in cui il protagonista, come il regista, svolazza e si perde dietro ad ogni richiamo, affascinato da tutti, senza dare unità e senso al tutto: un vagare continuo da un argomento o una situazione o un personaggio o una storia all’altra, senza una linea precisa, per richiami casuali (o proposti come tali); tipico esempio Briganti, ma credo che valga per tutti. Si incanta e incanta davanti a scene idilliache, di natura o di incontri umani teneri, ma interrompe subito l’incanto nella risata o nella tragedia che segue, ad impedire a sé e al pubblico ogni tenerezza, ogni illusione sul mondo degli uomini, fatto di violenza e di sopraffazioni continue, a loro volta destinate a venir sopraffatte da altra violenza. Si compiace sempre molto delle belle immagini, delle situazioni paradossali che contrastano con lo stile con cui le racconta, e della sistematica, feroce, ma quasi allegra, critica alla società umana, a qualunque società umana: non si tratta affatto di criticare il presente a favore del passato, come molti critici affermano; sono tutti briganti, briganti, appunto, come esplicitamente dice il regista in un altro film. Proprio questo è il suo tema costante: l’illusorietà di ogni mondo diverso, sognato o evocato, nel lontano passato o in lontani paesi. Ma lo dice sempre con più compostezza che grinta, con più intelletto (non intelligenza) che cuore, con più stile che arte.
Con il tempo, e in Francia, Iosseliani sembra ammorbidirsi e vedere il mondo meno nero, con note serene più frequenti: frutto dell’età, o del denaro, più efficace della censura? Naturalmente tutte queste sono caratteristiche che credo di aver individuato nei suoi film ma che non comportano alcun giudizio di merito, né positivo né negativo. Comunque lo trovo appena discreto, e non sempre, e più piacevole e più convincente quando è meno acido.

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