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Il fotografo di Mauthausen

Regia di Mar Targarona vedi scheda film

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La recensione su Il fotografo di Mauthausen

di alan smithee
5 stelle

NETFLIX

Furono quasi 10 mila gli spagnoli deportati nei campi di concentramento nazisti: tra questi, oltre 3/4 furono destinati a Mauthausen. In mezzo a costoro, sopravvissuto alle circa 5 mila vittime di questo gruppo di internati, visse e resistette e portò a termine un'opera incredibile di documentazione storica e testimoniale, il fotografo Francisco Boix, che in quel contesto terribile riesce a guadagnarsi il ruolo cruciale di fotografo da parte degli aguzzini tedeschi: circostanza che gli permise di sottrarre parte del materiale immortalato, utilizzato come testimonianza fondamentale per l'incriminazione dei carnefici nazisti al processo di Norimberga del 1946. Ma anche di prodigarsi a salvaguardare vite di altri miserabili come lui, condannati altrimenti ad una morte certa, di stenti, freddo, fatica o tramite il soffocamento nelle camionette stagne riempite di gas di scarico, durante i rituali ed abituali giri della morte nelle campagne attorno al famigerato campo di concentramento austriaco. 

Dalla regista iberica esperta in thriller Mar Targarona, "Il fotografo di Mauthausen" offre soprattutto la possibilità a spettatori come me, pressoché ignari delle vicende inerenti le deportazioni ai danni della popolazione spagnola, di conoscere un'altra storia vera all'interno di una delle più sconcertanti tragedie di cui si è mai potuta macchiare la razza umana nei confronti di se stessa.

Il film, produzione spagnola targata Netflix, è narrato con uno stile narrativo piuttosto coinvolgente ma anche elementare, che se da un lato sfrutta una ricostruzione scenografica meticolosa, ma anche piuttosto scontata nell'immaginario collettivo, maturato al riguardo grazie a molte altre opere cinematografiche precedenti inerenti tale tragedia, e perdi più plastificata come una scenografia di stampo puerilmente teatrale poco consona allo stile cinematografico, dall'altro sfrutta abbondantemente stereotipi di figure di aguzzini (gli ufficiali sadici, il kapò altrettanto perfido, i figli bambini dei militari nazisti allevati e cresciuti nel nome dell'odio e dell'intolleranza contro i non ariani) e altri personaggi che popolano la ricostruzione del famigerato campo di concentramento tristemente noto.

Troppi illustri precedenti, da produzioni ad alto budget, anche hollywoodiane, a film d'autore come il recente e premiatissimo Il figlio di Saul del (all'epoca) esordiente Laszlo Nemes, costituiscono per questo film, formalmente invero piuttosto corretto, un ostacolo che impedisce alla pellicola di restare alla memoria, scongiurando ogni eventuale ambizione a risultare un opera miliare nel genere.

Per quel che riguarda il cast coinvolto, tutto sommato apprezzabile risulta la prova del carismatico protagonista, Mario Casas, divo spagnolo assai noto in patria, qui sin eccessivamente in forma - pur se smagrito per l'occasione - per poter risultare a pieno credibile nei panni di un deportato di fatto privilegiato rispetto ai compagni di tragedia, grazie alla sua funzione nevralgica all'interno del famigerato lager nazista.

 

 

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