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Euforia

Regia di Valeria Golino vedi scheda film

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La recensione su Euforia

di kubritch
6 stelle

Prendo spunto dalle note di regia per esprimere il mio punto di vista. "...tentativo di tratteggiare, insieme ai protagonisti, anche la nostra contemporaneità. Un presente che sembra negare, rimuovere costantemente la transitorietà e irrazionalità proprie della condizione umana, spingendoci illusoriamente a credere di avere il controllo assoluto sulle nostre vite, sui nostri corpi, di poter vincere il tempo, fuggire il dolore."

Dunque il film rappresenta un ritratto della società attuale. Contesto: Roma bene. Protagonista: un giovane omosessuale benestante, manager di una organizzazione di eventi speciali con una committenza prevalentemente ecclesiastica, alle prese con la malattia terminale del fratello. Si capisce da subito che è una persona emotivamente instabile, sospesa su una realtà dal significato sfuggente, sentimentalmente irrisolto; appunto sempre sull'onda dell'euforia ottimistica. Quello che vediamo per tutto il film è il suo tentativo di occultare ai suoi familiari, fratello e madre, la gravità del decorso, confidando nella sua capacità e nel suo potere economico per riuscire a trovare una soluzione; segreto del suo successo imprenditoriale. In pratica il film dice che siamo in una società in cui è categoricamente vietato avere un atteggiamento di rassegnazione di fronte all'ineluttabilità degli eventi; come di rinuncia di fronte ai dinieghi dei clienti - una delle prime scene cui assistiamo. Nel discorso promozionale Golino evita scrupolosamente di parlare di morte, un argomento tabù come anche il film mostra, ma il senso della "rimozione della transitorietà ed irrazionalità della condizione umana", è proprio quello. Dunque questa positività ad oltranza, euforica, taglia fuori dal nostro orizzonte esistenziale una parte essenziale della vita stessa: l'ammirazione estatica del presente; dell'esserci qui ed ora; cosa cui, nemmeno, il fratello malato, Ettore, interpretato con notevole trasporto da Valerio Mastrandrea, sembra cogliere, nonostante il suo fastidio verso lo stile di vita di Marco. Il fatto che si vogliano bene malgrado le differenze psicologiche e qualche attrito dovuto a vicissitudini passate, ci fa capire che sono persone colte, ossia, di una sensibilità "evoluta", al di sopra di una cultura popolare generalmente faziosa - la stessa che, per esempio contrappone omosessuali ed eterosessuali (il dialogo in proposito è assai ritrito). Marco è costantemente alla ricerca dell'obnubilamento assecondato da una compagnia di personalità inconsistenti (il film non indugia più di tanto sui suoi caratteri psicologici anche se ci sono attori noti). E' costretto contro voglia, grazie alla tragedia, ad affrontare il senso di vuoto che avverte dentro di sé. Il significato del film è tutto condensato nel commovente finale. Il problema è che fino a quel momento si assiste ad una sequenza di azioni che mettono, sì, in luce l'insoddisfazione esistenziale dei protagonisti ma in modo frammentato, come una collana di episodi, a volte, superflui e superficiali. La solita tavolata con gli amici alla Ozpetek; lo sketch a sfondo gay con il bear offeso per il trattamento del suo cagnolino - tanto lo sapevamo che era una scena di sesso abortita, ecc... Non è la presa di coscienza di qualcosa che appartiene al vivere quotidiano e che noi trascuriamo per profonda disattenzione; qualcosa che sta lì sempre ed accompagna le nostre esperienze; ma, è un'epifania, un'isolata rivelazione finale. Perciò il film ci appare poco interessante come un meladrammone prevedibile; sembra che il fine sia solo quello di farci assistere ad una vicenda strappalacrime. Invece, il tema è importante. Penso che abbia anche risvolti autobiografici da parte degli autori; sentimenti che si conoscono bene. Purtoppo, manca il senso di universalità: sembra tanto un malessere esclusivo, di una certa classe sociale. 

 

p.s.: M'è venuta in mente un'altra cosa. Che razza di fratello premuroso può mai svegliare nella notte un malato terminale per una scopata imperdibile? Con che coscienza? Non collima. Alla fine gli omosessuali pur ben voluti, risultano secondo la vulgata cattolica, psicologicamente disordinati. Non ci siamo proprio. 

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