Regia di Paul Schrader vedi scheda film
comfort of the strangers (1981) è il secondo romanzo di ian mc ewan. nond irompente coem the cement garden, più maturo nei personaggi ma altrettanto claustrofobico nell'ambientazione, che a me, checchè ne dicano molti critici, pare realmente venezia e non una qualsiasi "città di mare". nel romanzo dello scrittore brittanico c'è una rilettura costante dell'immaginario morale inglese, con sensi di colpa del personaggio centrale, comunque sempre robert, che domina la scena alla sua entrata e nel corso della narrazione si rivela essere il fulcro della vicenda. evidentemente per questo, harold pinter, nella'dattarlo (1990), ha scelto di inserire fin da subito quello che nel libro è semplicemente un lungo monologo, come qualcosa di internamente ossessivo a tutto il film: l'infanzia traumatica vissuta all'ombra della figura autoriale e patriarcale del maschio. che nel robert adulto (magistralmente rievocato da christopher walken, attore perfetto per ruoli border-line) diviene omosessualità latente e contraddizione etica, nello spacciarsi per reazionario e nell'essere, praticamente, un anarchico, un sadico dominatore, e attentando, e distruggendo, gli stessi valori dei quali si fa propugnatore e strenuo difensore. a schrader comunque, nell'accettare un progetto che doveva essere del buon john schlesinger, interessa l'idea del senso di colpa che attanaglia, in realtà, tutti i personaggi. colin (rupert everett), forse anch'esso omosessuale, che voprrebbe rendere felice mary (natasha richardson) sposandola e accettano i figli di lei come fossero suoi, la stessa mary che non si perdona l'incapacità di comunicare in determinati momenti, e la sua indole ribelle (è una femminista, ma legata al vincolo della figura di madre) mentre caroline (helen mirren), vive la sua sibordinazione al marito, robert, come se scontasse per lui il fatto della sua terribile infanzia nel ruolo di moglie e di amante estrema. ne viene fuori, al pari di mc ewan, un classico jeu au massacre. ma ciò che nel romanzo veniva freddamente analizzato e radiografato, nel film di schrader, illuminato stuoendamente da dante spinotti e musicato con cadenza "arabesca" da angelo badalamenti, inserito in un venezia luccicante e lugubre nel contempo, invece il senso morale non vi è. tutto è un decoro, tutto è narcisistico (nei personaggi) gioco di specchi, di rifrazioni, di fantasie che divengono reali, sino al dolore, sin dentro il dolore. di cui solo uno (un altro cristo personale di schrader) sconterà la pena di tutti gli altri, il loro peso, il loro sconforto.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta