La recensione su Tombstone

Il 26 ottobre 1881 a Tombstone, in Arizona, ci fu la leggendaria sfida all'O.K. Corral: 'Tombstone', uscito pressoché in contemporanea con 'Wyatt Earp' di Lawrence Kasdan, rappresenta un'ulteriore lettura di tale fatto storico, che contribuì all'epopea del West, acquisendo un alone tra mito e leggenda.

Di questa sparatoria esistono diverse trasposizioni cinematografiche: si passa da quella fordiana - la migliore - del 1946, 'Sfida infernale' o 'My Darling Clementine', dove il regista, tra leggenda e realtà preferì filmare la prima, a quella classica di John Sturges del 1957 con Burt Lancaster e Kirk Douglas, passando per 'Doc' di Frank Perry, più incentrato sulla figura appunto di Doc Holliday, per arrivare infine alle più vicine a noi, l'anzidetto 'Wyatt Earp', che fa dell'ampia durata - più di tre ore - un fattore che lo contraddistingue e il film in questione.

'Tombstone' è diretto da George P. Cosmatos con un occhio a Sam Peckinpah e un altro a Sergio Leone: pur non raggiungendo i vertici di tali maestri del genere il film ha una sua valenza ed importanza specialmente per il fatto di tentare la strada di un western attento alla realtà dei fatti e al profilo psicologico dei personaggi storici coinvolti: la sparatoria avviene non nella parte finale del film, come canonica resa dei conti, che risolve tutte le diatribe sorte fino a quel momento, come in quasi tutti i film appartenenti al genere, ma nella parte centrale e invece che essere un redde rationem, non fa altro che inasprire i contrasti già nati e far aumentare la spirale di violenza e la quantità di sangue versata.

I personaggi ritratti - da un lato gli Earp e Holliday e dall'altro i Clanton e i McLaurie - non vengono presentati con i tratti tipici dei buoni da una parte e i cattivi dall'altra ma in maniera più sfumata, con i Clanton e i loro accoliti che sono l'emblema della violenza più cieca e brada ma, al contempo, anche i rappresentanti della legge hanno dei loro lati oscuri, dato che lo stesso Wyatt non è delineato come un paladino della giustizia ma entra nei conflitti controvoglia e più per motivi opportunistici che per altri e Doc Holliday, giocatore d'azzardo incallito e sciupafemmine ma anche uomo colto, pare più uscito da un romanzo europeo che un uomo della frontiera tutto d'un pezzo.

Ottima la fotografia, con molte sequenze notturne, di William A. Fraker e notevole il corposo cast, con tanti attori di grido anche in ruoli minori: si va da un baffuto Kurt Russell nei panni di Wyatt a Val Kilmer in quelli di Doc, in un periodo nel quale era abbonato a parti 'maledette', visto che era da poco reduce dal Jim Morrison impersonato in 'The Doors' di Oliver Stone, a Sam Elliott e Bill Paxton, fratelli di Wyatt, e dal lato cattivi, uno scatenato Powers Boothe (Curly Bill Brocius), Michael Biehn (Johnny Ringo), Thomas Haden Church (Billy Clanton), Stephen Lang (Ike Clanton) e, tra i neutrali, in una particina un anziano Charlton Heston nei panni di un ranchero, Michael Rooker, un attore e, tra le pur brevi parti femminili, dato che ai tempi della frontiera non c'era molto posto per le donne, Dana Delaney, attrice che fa breccia nel cuore di Wyatt.

Osteggiato dalla critica proprio per la sua ricercatezza filologica, che è invece da considerare un fattore positivo, in realtà, 'Tombstone' sconta come difetti un'eccessiva durata  e il tratteggio di un numero persino eccessivo di personaggi, che fanno allontanare dalla linearità della trama, i cui temi basilari sono violenza e vendetta.

In originale la voce narrante che introduce la storia è di Robert Mitchum, mentre in italiano ci si deve 'accontentare' del comunque bravo Ferruccio Amendola.

Voto: 7½.