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Tarzan l'uomo scimmia

Regia di W. S. Van Dyke vedi scheda film

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La recensione su Tarzan l'uomo scimmia

di munnyedwards
8 stelle

 

 

Il 1912 fu un anno particolarmente fortunato per Edgar Rice Burroughs, dopo aver svolto mille lavori riesce a pubblicare due romanzi fantasy/avventurosi che di colpo gli cambiano la vita, il primo si intitola Sotto le Lune di Marte (Under the Moons of Mars) il secondo Tarzan delle scimmie (Tarzan of the Apes), usciti entrambi a puntate sulla rivista The All-Story conquistarono un successo immediato dando vita a due icone indiscusse delle narrativa come John Carter (la serie conta13 romanzi) e Tarzan (ben 24 romanzi).

Dal punto di vista cinematografico i due personaggi ebbero però un destino assai diverso, mentre la saga di John Carter può vantare due soli adattamenti, l’ultimo dei quali uscito nel 2012 e firmato da Andrew Stanton, quella di Tarzan colpì fin dal principio la fantasia dei pionieri della settima arte, tanto che furono ben otto le versioni mute uscite tra il 1918 e il 1929, Elmo Lincoln fu il primo attore a dare un volto al famoso personaggio.

Nel 1932 esce invece la prima versione sonora, quella che nell’immaginario collettivo di più generazioni resterà per sempre la più famosa, la firma W.S.Van Dyke e nel ruolo dell’uomo bianco che vive con le scimmie viene scelto il dinamico campione di nuoto Johnny Weissmuller, ad accompagnarlo la bella e spigliata Maureen O’Sullivan nella parte di Jane Parker e la simpatica scimmia Cheeta, i due attori gireranno insieme ben cinque film di una serie che alla fine conterà ben 12 produzioni nell’arco di sedici anni, tutte interpretate dall’atletico Weissmuller.

 

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Rivedere oggi un film come Tarzan l’uomo scimmia è un po' come viaggiare nel tempo, una certa corrente critica sostiene che la pellicola non sia invecchiata benissimo (e vorrei vedere, si porta sul groppone ben 85 anni!), in effetti certe ingenuità narrative, oltre ad alcuni limiti tecnici sono evidenti, ma il punto non è questo, il punto è che rivedere oggi un film come questo è come tornare bambini, e se lo spettatore riesce nell’impresa di “entrare” nel film la magia è assicurata, così come il divertimento.

Non c’è alcun dubbio che al tempo della sua uscita un film come questo avesse la dimensione del kolossal, non solo per le splendide ambientazioni esotiche (tutte incredibilmente ricreate negli studi della MGM) e per l’utilizzo di svariati animali selvaggi (provenienti da un circo) ma proprio per il senso di meraviglia che trasmetteva, l’apoteosi dell’avventura condita da un pizzico di erotismo neanche tanto velato (il Codice Hays entrò in vigore solo nel ‘34).

E alla fine poco importa che la storia narrata abbia poco o nulla a che vedere con il romanzo di Burroughs, l’avventura dell’uomo bianco che vive nelle giungla selvaggia e che affronta a mani nude leoni e uomini armati di fucile non poteva che affascinare il pubblico degli anni ‘30, che infatti affollò le sale cinematografiche.

 

 

Tu Jane...io Tarzan!”

Una dichiarazione d’amore sintetica ma talmente efficace da restare nella storia del cinema, Jane Porter (Maureen O’Sullivan) giunge dalla civilizzata Inghilterra in Africa alla ricerca del padre cacciatore e commerciante di avorio, lo trova afflitto da un enigma che non riesce a risolvere, ossia la ricerca del famoso cimitero degli elefanti, il luogo segreto dove i pachidermi vanno a morire viene considerato sacro dalla popolazione indigena che si rifiuta di fornire indicazioni sulla sua ubicazione.

Alla fine la spedizione parte lo stesso e la giovane Jane decide di seguire il padre e il suo attendente Holt (Neil Hamilton) in questa impresa che si preannuncia molto rischiosa, avventuratesi in zone impervie e scortati da un gruppo di indigeni trattati come schiavi la comitiva farà ben presto la conoscenza di un individuo primitivo che si muove nella giungla con l’agilità di una scimmia, è l’ingresso in scena di Tarzan.

Tarzan volteggia come un acrobata da una liana all'altra, la sua dinamicità è impressionante così come il suo famoso urlo,Weissmuller fa quindi la sua trionfale comparsa dopo ben 30 minuti dall’inizio del film, gli uomini della spedizione prima restano sorpresi, poi gli sparano addosso, lui rapisce Jane e se la porta nella sua casa sugli alberi, un dialogo tra i due sembra impossibile e la ragazza teme inizialmente le rudezze dell'uomo, ma col tempo le cose cambieranno.

 

 

Tarzan l’uomo scimmia è principalmente un grande film d’avventura e resta tale nonostante gli anni che si porta dietro e alcune ingenuità di trama, ma è anche una grande storia d’amore, un film che un po' a sorpresa sprigiona un erotismo genuino ma evidente, resta nella memoria dello spettatore la nuotata tra Jane e Tarzan (fu costruita una piscina di 100 metri) così come i battibecchi tra i due, i rudi modi di Tarzan che non va troppo per il sottile trascinando la sua “preda” come una specie di bambola di pezza.

I personaggi secondari sono abbastanza stereotipati ma questo non impedisce alla discreta sceneggiatura di Cyril Hume di ben delinearli, da segnalare inoltre il fondamentale contributo di Ivor Novello ai dialoghi (Novello è famoso per aver interpretato l’inquietante pensionante in quello che viene considerato il primo “vero” film di Hitchcock – The Lodger), nel film quindi oltre ad una naturale componente di action/esotico non mancano critiche dirette al colonialismo inglese, rappresentato senza filtri, il padre di Jane è un capitalista che spera di arricchirsi con l’avorio, il suo attendente è un uomo violento che non esita a frustare gli indigeni della spedizione, alla fine una rappresentazione di questo tipo non può che esaltare la figura eroica di Tarzan che lotta per gli animali della giungla (in particolare gli elefanti e le scimmie) e che alla fine si impegna nel salvare i bianchi da una fine tremenda.

 

 

E il finale è certamente il momento più entusiasmante del film, una grandissima e tesissima sequenza che vede i bianchi invasori catturati da una tribù di pigmei e dati in pasto ad una bestia tenuta in una grossa buca (una specie di scimmia gigante), è il culmine di una pellicola che ha fatto della pura avventura il fulcro della sua essenza, del resto si erano già visti emozionanti duelli corpo a corpo tra Tarzan e alcuni animali della savana, scene che oggi possono forse apparire superate ma che al tempo devono aver molto colpito la fantasia del pubblico.

Come detto Weissmuller interpretò il personaggio per altri 11 film, non era un attore ma la sua monolitica mimica facciale risultò perfetta per interpretare il personaggio, la O’Sullivan lo seguì nei primi 5 film della serie poi prese altre strade, del resto le sue qualità di attrice erano di ben altro spessore e la sua lunga carriera cinematografica lo testimonia (Anna Karenina, Orgoglio e pregiudizio, David Copperfield, I tre banditi, Hannah e le sue sorelle, Peggy Sue si è sposata) l’attrice sposò lo scrittore e regista John Farrow da cui ebbe sette figli, una della quali seguì la carriera artistica della madre con il nome di Mia Farrow.

 

 

Non sono sicuro di aver visto i film successivi, questa prima apparizione ricordo invece di averla vista da bambino, tornare dopo tanti anni nel mondo fantastico di Tarzan è stata una bella esperienza cinematografica, è sempre bello scoprire che certi film mantengono immutate a dispetto degli anni che passano le loro qualità, così come le loro ingenuità e limiti tecnici, il cinema nel ‘32 era evidentemente un altro cinema ma capace lo stesso di far sognare il pubblico.

Del film esiste anche una versione a colori ma il fascino del B/N non ha paragoni.

Voto: 8

 

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