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A Est suonavano una canzone - Hey Babu Riba

Regia di Jovan Acin vedi scheda film

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La recensione su A Est suonavano una canzone - Hey Babu Riba

di Baliverna
8 stelle

Il ricordo di una giovinezza dove quattro amcii sono innamorati della stessa ragazza, che a sua volta li vede solo come amici. Ma è in agguato il quinto elemento, l'unico sbagliato.

Posso ben dire che la relativa notorietà che si è conquistata questa pellicola jugoslava – in Italia ma anche negli Stati Uniti – sia motivata, specie se pensiamo alla difficoltà che certe cinematografie trovano nell'imporsi sul mercato internazionale. È già molto che in Italia sia stata doppiata, ma è stato fatto per di più con un doppiaggio di buona qualità.

La storia è così vivida e raccontata in modo così partecipato, che ha un sapore autobiografico nei confronti dello sceneggiatore e regista Jovan Acin. L'impulso a ricordare e a rivivere quelle vicende di gioventù mi pare tragga origine da rimpianti, nostalgia, forse rimorsi: la giovinezza (e l'innocenza) perdute, un amore quasi inevitabile per una bella e brava ragazza da parte di quattro amici, e qualche oscuro senso di colpa di non aver fatto abbastanza quando si sarebbe dovuto. Su quest'ultimo punto, tuttavia, si può dire che ben poco restava da fare da parte dei quattro ragazzi, quando il vero villano della situazione è l'unico ad aver causato il precipitare degli eventi e ad aver rotto un equilibrio molto delicato.

La pellicola propone quadri di amore adolescenziale trattati con sensibilità, in continua rivalità e contrasto con elementi ruvidi e scurrili che riguardano il sesso occasionale, da una donna non più giovane che trascina i giovani nel suo letto, alla prostituzione praticata dietro ad una porta di camera di casa propria, dalla quale si sente e si vede molto. Su tutto ciò, la spavalderia tipicamente maschile, che porta a vantarsi con gli amici delle avventure sessuali (esagerate o inesistenti), e a negare sentimenti che si provano, perché considerati una debolezza per un uomo. Dietro la maschera, invece, i ragazzi sono innamorati cotti della loro mascotte, e sconquassati dalle esperienze sessuali che fingono di godersi e di dominare.

Diversi elementi di questa trama hanno il sapore della realtà, e molte persone ne hanno vissuto i vari frammenti presi singolarmente.

Sullo sfondo, vediamo una Jugoslavia in fase di ricostruzione post-bellica, ancora con cascami sovietici, quando il neonato Stato stava consolidandosi, tra entusiasmi rivoluzionari, repressione del dissenso, e cinici opportunisti. La Jugoslavia del piano temporale presente (per quanto riguarda il film), cioè il 1985, è solo accennata. Si intuisce un paese molto più tranquillo, sfilacciato nell'ideologia che prima veniva urlata dai tetti, forse in crisi di identità, dove la Chiesa serbo-ortodossa convive con lo Stato, da dove ormai è facile entrare e uscire.

Qualche piccolo difetto è ravvisabile nella complessa struttura narrativa del film, dove qualche ellissi e qualche snodo scricchiolano un pochino. Ma in complesso è una pellicola coinvolgente e sicuramente riuscita.

PS

Il film che i ragazzi vedono al cinema è lo svedese “Ha ballato per una sola estate” del 1951.

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