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Notti selvagge

Regia di Cyril Collard vedi scheda film

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Death By Water

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La recensione su Notti selvagge

di Death By Water
10 stelle

Da circa trent'anni, amore e morte sono stretti l'uno all'altro, inscindibilmente. "Les nuits fauves" parla di questo legame e della sofferenza del peso del destino, ma anche della libertà di scelta che a ognuno è concessa: "Je ne me sens plus en vie, je me sens dans la vie" dice Cyrill Collard guardando il tramonto dalla scogliera di Finisterre, un pensiero che sarà il suo epitaffio dato che l'anno dopo l'uscita di questo suo affresco generazionale morirà a causa di complicazioni dovute alla sua sieropositività. Notti selvagge lungo il Boulevard de Clichy, come recita una celebre canzone di Mano Solo, tra bar-à-putes, cinémas crasseaux, una folla di fauci che si aprono sotto le fondamenta in cemento dei nuovi palazzi in costruzione nel XIIIème. Notti Selvagge che sono un tarlo, una droga, una cosa che non lascia respiro, né traccia, sul parabrezza della decappotabile di Jean tra le luci al neon che come tante labbra luminscenti sfilano sul vetro rapidissime, durano un batter d'occhi. E l'amore, in questa gabbia, non può che avere le stesse qualità della notte: è un amore contagioso, libero, ossessivo, lacerante, disperato ma che alla fine non lascia soli, anche nel momento di afflizione massima, quando la bellezza del mondo compare e si è coscienti di doverla ben presto abbondare, sono le parole, o meglio i silenzi della persona amata a far sì di sentirsi dentro la vita. A quel punto l'amore, da selvaggio, incontrollabile, onnivoro, diventa totale e si può avere l'impressione di aver vissuto davvero (a differenza della madre di Jean, interpretata da Claude Winter che ha rinunciato a credere di aver avuto ragione della sua esistenza). La storia è questa, in fondo non c'è niente di più che un bisogno al fine di ogni inquadratura, un "besoin de tendresse" come dice Maria Schneider in una delle poche battute riservatele. L'affresco di una generazione perduta a causa di questo inguaribile amore, che secondo la chiesa del tempo altro non era che un flagello di dio; un affresco doloroso, bruciante ma bellissimo e sincero. Prima di Demme, Collard riesce a dare un nome alle cose,a liberarsi dei tabù e questo ne fa un pioniere, una persona speciale ai miei occhi. Per concludere un accenno al titolo: l'aggettivo selvaggio non rende molto bene l'idea del francese "fauve" che letteralmente significa "belva" che rimanda, dunque, all'animale ("les nuits sauvages" avrebbe funzionato lo stesso ecco perché rifletto sull'intenzione che ha portato Collard alla scelta di questo termine in particolare), alla bestialità come erano d'altronde i pittori dell'omonimo movimento, che per il loro impiego del colore furono addiatati come "bestiali" ("la cage aux fauves" disse qualcuno riferendosi all'esposizione universale di Parigi del 1905). Allora Collard si inscrive in questa categoria accanto a Derain e a Valminck dipingendo un mondo acceso di rosso, e ardente come un fuoco perpetuo.

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