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Cento giorni a Palermo

Regia di Giuseppe Ferrara vedi scheda film

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La recensione su Cento giorni a Palermo

di LorCio
6 stelle

Esempio più che emblematico di instant movie, è uno dei due o tre film più potabili di Giuseppe Ferrara, caso più o meno raro di cineasta sinceramente stimabile per impegno e passione civile e francamente mediocre per abilità e competenza tecnica. Fautore di un cinema schematico e diretto, rozzo nella sua immediatezza effettistica, legato alla cronaca e alla controinformazione ed abitato di personaggi tagliati con l’accetta e pressoché privi di approfondimento psicologico (elemento verso cui non ha il benché minimo interesse, salvo pochissime occasioni), Ferrara ha l’obiettivo di costruire il racconto delle nostre vergogne (mafia, il caso Moro, il caso Calvi, i servizi segreti, Guido Rossa…) fregandosene cordialmente del lato artistico ed interessandosi principalmente ad una funzione divulgativa ed educativa.

 

In questo capitolo della sua personale narrazione della recente storia italiana, Ferrara affronta la tragedia del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, nominato prefetto di Palermo, dopo aver descritto con didascalica potenza gli omicidi eccellenti che hanno condotto la Sicilia in un terribile stato di guerra permanente ed impari (Boris Giuliano, Cesare Terranova e Lenin Mancuso, Piersanti Mattarella, Gaetano Costa, Pio La Torre). Ad impersonare l’anziano militare chiamato dal ministro Rognoni (Arnoldo Foà) a rappresentare lo Stato (assente, latitante) per cento, difficilissimi giorni c’è Lino Ventura in una delle sue poche interpretazioni non francesi: finissimo e sofferto, è purtroppo doppiato dal pur bravo Adalberto Maria Merli (che recita nel film nei panni di un mafioso senza nome).

 

Al di là della materia trattata, indubbiamente interessante ma più accostabile ad una docufiction (alla didattica sceneggiatura ha messo mano anche Riccardo Iacona, futuro anchorman d’opposizione; e assieme a Piergiovanni Anchisi e allo stesso Ferrara, c’è il giovane Peppuccio Tornatore, impegnato anche come aiuto regista) e non sempre appassionante da un punto di vista meramente cinematografico, il film si regge interamente sulle robuste spalle dell’attore e vale soprattutto come doveroso omaggio ad un vero uomo di Stato abbandonato al suo destino.

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