Frammenti di luce prendono forma intorno a un punto cieco, un vuoto, la “laguna rotonda” di Trenque Lauquen. Episodi di una stessa storia, immagini unite da dissolvenze incrociate.

Due uomini attraversano la pampa argentina
Si chiamano Rafael ed Ezequiel
e cercano Laura, una botanica scomparsa.
Passano le settimane,
la ricerca è senza risultati
Laura sembra svanita nel nulla.
Esiste forse solo nella loro immaginazione? 
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Trenque Lauquen

Nelle pratiche del cinema delle origini, il passaggio da un’immagine all’altra era fatto soprattutto attraverso la dissolvenza. Questa tecnica, simile all’effetto prodotto dalle lanterne magiche che intrattenevano gli spettatori di primo Novecento, non era un segno di stile: serviva per fondere nel modo meno disturbante possibile immagini differenti tra loro. Quando poi, negli anni 10, la grammatica del cinema si è sistematizzata, le transizioni hanno iniziato a specializzarsi e assumere significati differenti.

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Trenque Lauquen

Dagli anni Venti, le dissolvenze in apertura e chiusura (fades) separano le scene come segni di punteggiatura, virgole distribuite per fare ordine, indicando il procedere di un’argomentazione e orientare il ritmo di lettura dentro a strutture di pensiero reticolari e annidate, come nel caso dell’ingresso e dell’uscita da un’analessi. Le dissolvenze incrociate (dissolves), invece, congiungono le scene, o meglio, le condensano. L’effetto prodotto sullo spettatore è un altro: l’emergere e lo sprofondare, l’apparire e lo scomparire, l’esserci e il non esserci di un’immagine che mentre avanza nella realtà o retrocede nel ricordo, prende corpo come sogno o si scioglie come pensiero. Il termine per caratterizzare questo tipo di movimento, in cui qualcosa procede lungo gli assi dell’esistenza per assumere o abbandonare densità materica è “anadiomene”, l’epiteto greco per definire la nascita di Venere dalle onde del mare.

 
Tempo prima,
interessata alla storia del femminismo in Argentina,
Laura si era imbattuta in alcune lettere segrete,
nascoste da cinquant’anni nelle pagine di alcuni libri.
A partire da Autobiografia di una comunista sessualmente emancipata di Alexandra Kollontai
ecco la scoperta di un cifrario nascosto:
lettere d’amore, missive erotiche
tra una donna e un amante sconosciuto.
 

D’Annunzio usava questa parola dimenticata per descrivere Venezia in versi, i critici d’arte l’hanno adoperata nel Novecento come termine tecnico per la svolta della scultura dopo i volumi di Constatin Brancusi, ma si può avvicinare anche a quel cinema che si pone la più ambiziosa domanda sulla rappresentazione: come è possibile replicare, sul piano dell’immagine, l’alternarsi tra apparizione e disgregazione nell’effimero flusso dell’esistenza? Nel caso di Trenque Lauquen, Laura Citarella, regista argentina e membro del collettivo El Pampero Cine (casa di produzione d’avanguardia non solo per il cinema argentino), ha cercato proprio di smontare e rimontare l’ossessione tradizionale del cinema per il movimento anadiomene.

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Trenque Lauquen

Non tramite feticizzazioni del corpo femminile, visto come immagine mitica o misteriosa, ma mediante la costruzione di un ipertesto, un’architettura fatta di indizi, attese e false piste; un mind game movie per leggere contropelo gli archetipi formali della letteratura argentina (tra Borges e Bolaño) e inscrivere in spazi già abitati dall’immaginazione maschile un trattato di femminismo marxista, strutturalmente pensato per mostrare l’apparizione e la sparizione, lo spostamento e l’aggregazione dei corpi femminili nello spazio suburbano della periferia argentina – spazio sempre più al bivio tra tentativi di gentrificazione capitalista e formule di ripensamento socialista.

Dopo mesi di ricerca,
Laura mostra le lettere a Ezequiel.
I due consultano archivi,
ricompongono i frammenti della storia,
Tra loro nasce una complicità,
che Rafael non conosce.
Il nome che affiora è quello di Carmen Zuna,
una supplente degli anni Cinquanta,
svanita anni prima senza spiegazioni nei pressi della laguna.


In questa storia, che all’inizio sembra incentrata su un singolo io femminile e riguarda invece un noi (Citarella ha co-scritto il film con Laura Paredes, attrice principale), composto da donne scomparse intorno alla temporalità mistica della laguna, la dissolvenza gioca un ruolo essenziale da subito: non è solo il modo per inanellare piani temporali diversi e raccontare la ricerca di Laura, ma anche e soprattutto la strategia formale per mostrare le idealizzazioni melodrammatiche del punto di vista maschile. Un’intuizione narratologica: più che un genere di coppia, il melodramma è un codice del maschio, qui frustrato nella sua ricerca di un bandolo che sembra chiarirsi solo in parte.

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Trenque Lauquen

Il primo capitolo del film, più che essere mosso dall’immagine mancante di Laura, è in questo senso movimentato dalle sue apparizioni fantasmatiche, che emergono dalla scena come forme diafane davanti allo sguardo afflitto e innamorato di Ezequiel, mentre quest’ultimo ripercorre nei ricordi le ricerche di archivio compiute assieme a Laura. L’incastro di biglietti nascosti, cifrati, lettere e pagine incollate, scatole, cassette, canzoni (una su tutte, l’allegorica Los Caminos di Miro y su Fabulosa Orquesta de Juguete), qui non genera romanticismo ma doppiezze, rifrazioni tra la storia di Laura e quella di Carmen, mentre lo schermo della realtà diventa sempre più opaco, trasformando la piana argentina e l’immagine stessa nel sito di un’esplorazione archeologica: un abisso rizomatico in constante slittamento prospettivo, un network di informazioni che circolano senza linearità, piegando la logica dello sguardo cartesiano della razionalità a un sapere femminile altro.

A mesi dalla scomparsa,
Ezequiel decide di chiedere aiuto.
Parla con Juliana, collega di Laura in una radio del paese.
Juliana gli fa ascoltare una registrazione:
è la voce di Laura che racconta
cosa le è accaduto dopo aver seguito le tracce di Carmen. 

Proprio per questa progressione a dissolvenze lungo un orizzonte che non conosce mappature definite, Trenque Lauquen sembra organizzato come una partitura musicale: una come quella di Diamond Jubilee, l’album della musicista hypnagogic pop Cindy Lee. Come in quell’opera-mondo, l’identificazione femminile - per Lee esplosa tra alter ego queer e drag, per Citarella più generalmente divisa tra rivendicazioni socialiste e riflessioni sulla maternità - si frantuma in una serie di riverberi ed eco per destituire l’habitus dell’iconografia femminile. Non sembra un caso, in tal senso, che la seconda parte, incentrata sul punto di vista di Laura, risolva da subito il mistero – per evitare appunto feticizzazioni - tramite una registrazione radiofonica.

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Trenque Lauquen
 
Durante le sue ricerche sul campo,
Laura ha incontrato una donna misteriosa,
che pare apparire dal nulla
e che le chiede insistentemente
di raccogliere fiori gialli.
Nel frattempo, la città è in fermento:
dalla laguna è emersa una creatura sconosciuta.
A causa del disordine, la sovrintendente Elisa Esperanza si licenzia.
Laura riconosce in lei la donna che la seguiva.

Il racconto di Laura è quello di una sorellanza utopica, costruita ai margini della società argentina. Elisa abita con Romina, la sua compagna, e accudisce la creatura lagunare (forse un essere anfibio, un mostro mutante?) in piccole culle d’acqua. Laura si trasferisce nella casa delle due donne, con cui forma quel forte legame sognato durante le lunghe ricerche su Carmen Zuna. Quando la casa non è più sicura, la protagonista viene però abbandonata dalle due compagne. È qui che la registrazione si interrompe, impedendo ai personaggi di conoscere oltre il destino di Laura.

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Trenque Lauquen

Solo attraverso l’immaginazione Ezequiel può lanciare un ultimo sguardo verso la donna: è l’impossibile soggettiva fantasma che ci trattiene nell’abitacolo della stessa autovettura che i personaggi ritroveranno a inizio film, mentre la protagonista si allontana verso un destino ignoto. Proprio allora, al limitare della proiezione immaginifica attraverso cui indossiamo lo sguardo di Ezequiel, Citarella posiziona l’ultima dissolvenza del film, segno di un confine oltre cui nulla è più immaginabile. Di più: per segnalare l’entrata in una dimensione altra, l’immagine cambia di formato. Come accadeva nel finale di Liverpool di Lisandro Alonso, siamo al di là dei confini della narrazione.

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Trenque Lauquen

Decisa ad abbandonare per sempre la propria società,
Laura lascia un biglietto sul finestrino della macchina di Ezequiel.
È la filastrocca che si cantavano tra loro:
Adiós, adiós, me voy, me voy.

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Trenque Lauquen

Il film segue allora la protagonista con sempre più distanza e riguardo mentre percorre gli stessi spazi percorsi da Carmen Zuna decenni prima, forse per fuggire alle definizioni dei propri amanti. Negli ultimi secondi la guardiamo riposare di fronte a uno specchio d’acqua, come fosse una creatura acquatica appena emersa alla vita. La telecamera osserva lo spazio circostante, e quando torna sul suo corpo, ne accetta la scomparsa.

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Trenque Lauquen

Laura si è come dissolta. Era davvero lì? Qual è il livello di realtà delle immagini che stiamo guardando? Sullo sfondo, l’immagine ribaltata di un albero tremola sull’acqua.

Nella sua ultima inquadratura, il film di Citarella raggiunge una forma di montaggio interno inedito, in cui la dissolvenza incrociata non è più una forma grammaticale di alternanza tra immagini, segno di scambio tra un apparire e uno scomparire, ma è piuttosto una struttura della visione. Più precisamente, un modo di ripensarne le formule dominanti: da un lato il maschilismo insito nel canone del melodramma classico, e dall’altro la post-verità.

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Trenque Lauquen

L’ambiguità del finale di Trenque Lauquen sembra riprodurre in scala la crisi del sapere (maschile) contemporaneo per mostrare un’alternativa, un’alterità, attraverso cui il tessuto stesso della percezione si fa terreno aperto, abissale, in una parola laguna: etimologicamente uno “spazio vuoto” in cui il modello di sguardo delle scienze empiriche non tiene più, e i circuiti dell’informazione crollano in un gioco di flutti da cui può sorgere un nuovo modo di vedere.

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Trenque Lauquen

Autore

Leonardo Strano

Leonardo Strano si è laureato in Filosofia dell’Esperienza Estetica con una tesi sull’inconscio ottico in Walter Benjamin e Jacques Tati (il suo regista preferito). Mentre prosegue gli studi in Teoria dell’immagine scrive per Filmidee, Pointblank e DinamoPress.

Il film

locandina Trenque Lauquen

Trenque Lauquen

Drammatico - Argentina, Germania 2022 - durata 240’

Titolo originale: Trenque Lauquen

Regia: Laura Citarella

Con Elisa Carricajo, Verónica Llinás, Juliana Muras, Laura Paredes, Ezequiel Pierri, Cecilia Rainero

Al cinema: Uscita in Italia il 16/11/2023