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P'tit Quinquin

1 stagioni - 4 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

L'autore

Badu D Shinya Lynch

Badu D Shinya Lynch

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La recensione su P'tit Quinquin

di Badu D Shinya Lynch
9 stelle

"Io amo il film di genere, quando ho avuto voglia di fare un film horror ho fatto Twentynine Palms, quando ho fatto Flandres pensavo al film di guerra. Poi mi son reso conto che, nei miei film, la commedia è sempre stata presente là dove c'era la tragedia. Così ho deciso di tornare sui miei passi, di fare la parodia di me stesso, e sono approdato al tragicomico perché è più pieno, mi consente di toccare in profondità le cose. Se ne L'humanité abbiamo tutti i colori dell'umanità, tuttavia si resta nella tragedia. In P'tit Quinquin, invece, c'è la comicità, che fa veramente parte della vita. Continuerò a lavorare nel senso della tragicommedia"

(Bruno Dumont)

 

Bruno Dumont

P'tit Quinquin (2014): Bruno Dumont

 

Ed è con P'tit Quinquin che Dumont realizza il suo lavoro più spiazzante. Sospeso tra Blake Edwards e David Lynch, passando per un moderno esempio di solida e stratificata scrittura cinematografica, che potrebbe far saltare in mente la grandiosa pellicola Memories of Murder di Bong Joon-ho, il cineasta francese firma un'opera che ha dell'incredibile: attraverso un disarmante e sensazionale strabismo narrativo, P'tit Quinquin avanza tra il thriller ossessivo e la comicità grottesca, ed è proprio questo l'aspetto innovativo, alieno rispetto alla sua filmografia: i personaggi di quest'ultima fatica, si muovono in maniera impacciata (si pensi alla goffaggine dei tableaux vivants di Albert Serra), in contesti e situazioni al limite del ridicolo e del paradossale (si prendano in considerazione alcune delle assurde situazioni e "dinamiche" tipiche del Cinema di Roy Andersson). Eppure, nonostante tutto ciò, Dumont mantiene inalterata la bellezza e rigidità della sua messinscena (la location naturale, case e strade di campagna, etc) e rimane fedele alla sua poetica (la diffusione e l'onnipresenza del Male). Detto ciò, P'tit Quinquin si potrebbe definire come il lavoro più insolente, acre e plastico del regista francese.

 

Cinema, anche questo, come atto di fede: Dumont chiede allo spettatore di superare la verità, di trascendere la realtà.  Sì, perché non si può cercare risposta, soluzione in un mondo così burlesco e artefatto, per il semplice fatto che sarebbe un atteggiamento e una ricerca disonesti. Infatti, come è giusto che sia, nel film non c'è alcun tipo di esegesi sociologica, ma, grazie a questa stupefacente impronta tragicomica, si può guardare oltre, elevarsi al di là del bene e del male, quindi dare una conformazione terrena e "bassa" al trascendente, all'indefinibile. Perseguire, cioè, un'indagine (cinematografica) tramite strutture e configurazioni più immediate e raggiungibili.

Checché se ne dica, P'tit Quinquin è un film dumontiano a tutti gli effetti, nonché, per chi scrive, in base a ciò visto finora, la miglior pellicola del 2014.

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