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In viaggio con Chaliapin
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Credo di essere diventato amico di Feodor Chaliapin senza saperlo, in un periodo poco propenso alla nascita di un legame tra me e un cantante d'opera.

Ero poco più che bambino, forse un adolescente fra i 12-15 anni di età.

Detestavo l'opera, idiosincrasia più che altro presa d'accatto, come un pappagallo, da mio padre, che li ha sempre - quei cantanti - senza mezzi termini, ritenuti ridicoli o giù di lì.

Richiese del tempo, cominciare ad amare il canto "colto" - amavo gente come Elvis, - e fu merito di un film, "L'uomo che sapeva troppo" (1956) di Hitchcock e della cantata "Storm Clouds" che risuona durante la straordinaria scena alla Royal Albert Hall di Londra.

Lo vidi più o meno a quattordici anni, quando fu riproposto al cinema Augustus di Genova, proprio in compagnia di mio padre. Il quale trovò il finale troppo breve e buttato via, per poter sorreggere il peso dell'intero film. Io, inutile dirlo, rimasi entusiasta del lavoro di Hitchcock, ma forse mio padre aveva visto meglio di me.

 

Imparai quella cantata quando il film fu trasmesso in tv ed io potei impadronirmi dell'audio. Nonostante la conoscenza di un bel pò di musica classica, continuavo nel mio ruolo da pappagallo.

Imparai ad amare il pezzo alla follia, ancora oggi ogni tanto si riaccende in me la scintilla.

Per ogni nuovo cantante che cominciai faticosamente ad aggiungere alla schiera degli amati, fu una fatica. La voce è uno strumento così personale, da farmi trovare di fronte ad un muro ogni volta.

 

Ma torniamo a Chaliapin. Fu in questo clima di disprezzo per il mondo dell'opera (aumentato anche dal fatto che, se non si capisce quello che viene cantato, musicalmente, si rischia di rimanere o affascinati o inorriditi da quell'atteggiamento da diva che hanno molte cantanti) che capitai per caso su una puntata de "L'almanacco del giorno dopo", il celebre programma quotidiano della Rai.

 

Il lungo servizio, questa volta, fu dedicato a Chaliapin, ed io rimasi lì a vederlo come incantato. Non pensai più al grande basso/baritono russo, e dimenticai in fretta il programma.

Verso i venticinque anni - all'epoca avevo imparato ad amare anche il canto - fui attratto, durante una delle visite alla libreria Italia-Urss, dal celebre cofanetto di dieci lp "Chaliapin's Vocal Art". Come al solito, rimasi indeciso sull'acquisto (cinquantamila lire), finchè un amico non mi propose di prenderlo, restando d'accordo che me l'avrebbe ricomprato se non mi fosse piaciuto.

 

Misi il primo disco sul piatto, e rimasi disorientato, finchè divenni furibondo, non riuscivo a sopportare quei canti popolari per sola voce e coro registrati nel 1910!, che il mio amico si preparasse a rimborsarmi!

 

Ecco uno dei canti che, dapprima, mi irritarono.

"It is not Autumnal Drizzle" (Folk Song)

Tuttavia, registrai su vhs (il videoregistratore poteva essere usato come registratore ad alta fedeltà) tutti e dieci gli lp, che duravano circa 45' l'uno. La vhs, tra parentesi, conteneva il film Brazil e non era neanche mia, dovevo restituirla, si era raccomandato di non cancellare il film, quel povero diavolo.

 

Mi ero già sbarazzato del cofanetto, quando, non so neanch'io come, capii il mio clamoroso errore. Risentendo il nastro, fui come preso da sacro furore, quella voce suscitava il tanto amato senso di trascendenza, metteva in moto l'energia pura che da molto tempo ormai agogno. Non si tratta di energia nel senso di attivismo, quanto di un rivolgimento all'interno. Sia ben chiaro: l'attivismo non c'entra niente, non è una esuberanza di energia! E' un'energia "calma", quasi immobile.

Quella voce era come una rivelazione da lontano, come essere sulle cupe onde dell'oceano come puro osservatore.

Quella voce permetteva la discesa agli inferi e la salita al cielo come puro spettatore, metteva in moto quello che Patanjali, nei suoi Yoga-Sutra, chiama "Il Testimone". Tramite il suono di quella voce, il Testimone si ridestava.

 

Vissi a lungo (come è mia abitudine), con alcuni di quei brani.

Precisamente erano, fra alcuni altri (ne riporto una scelta in fondo al post):

 

Slonov "Ah Thou, Red Sun!"

Schubert "La morte e la fanciulla"

Schubert "Der Doppelganger" (Il sosia)

Glinka "Doubt" (con violoncello e pianoforte)

Glinka "Ruslan & Ludmila", Act 2 - "Ruslan's Aria"

"It is not Autumnal Drizzle" (Folk Song)

Dubinushka (Folk Song)

From Under the Oak (Folk Song)

 

Quando vidi lo spartito originale di Glinka, per voce e piano, rimasi incredulo... non ci posso credere che Chaliapin abbia cantato queste quattro miserabili note in croce! Com'è possibile tirarne fuori una simile meraviglia?

Ma senti come la voce del violoncello piange e ride insieme alla voce, ma senti lo smorzando alla fine del pezzo. Non si tratta solo di virtusismo tecnico, ma di sentimento espresso con abili mezzi.

 

Tutta la musica deve servire all'elevazione, alla crescita del sacro furore interiore. Deve...

ecco, mi viene in aiuto Thich Naht Hanh, il monaco vietnamita. Egli dice che, di fatto, l'essere umano nasce con una "Coscienza-Deposito" nella quale esistono i "semi" delle qualità e dei difetti etc. Dipende tutto da quali di questi semi si innaffiano, proprio come in un orto, col potere dell'attenzione.

Forse che in un orto crescono i frutti desiderati, o piuttosto le erbacce, se non si presta la dovuta attenzione?

La musica deve innaffiare i semi giusti, non è indifferente ascoltare musica che proviene da fonti di scarso valore, per non dire osceno, piuttosto che da una fonte più "alta".

La musica che ci propinano notte e dì, con tutto il rispetto, è come acqua avvelenata, assorbita senza vera attenzione.

Non solo non c'è elevazione, ma piuttosto una caduta nel fango, l'atmosfera di una taverna piena di brutti ceffi le cui vibrazioni negative e distruttive sembrano riempire l'aria.

 

Chaliapin, in gioventù, come pianista accompagnatore aveva avuto Sergej Rachmaninoff. Non esiste una sola incisione di questo duo insieme, nonostante i mezzi del tempo avrebbero potuto permetterlo.

Rachmaninoff disse che quando componeva aveva in mente la voce di Chaliapin.

Ogni tanto cerco di figurarmi come avrebbe potuto essere, nella mia mente, di ascoltarli insieme.

Inaudita maestria da entrambe le parti!

 

Si dice che la presenza scenica di Chaliapin fosse senza eguali.

Interpretò un film sulla musica di Ibert per "Don Quichotte", diretto da W.Pabst. Il film fu girato in tre o quattro lingue, non ricordo. Ne posseggo due, sono stato tanto vile da non spendere i pochi euro per prendere anche la terza, comprensiva del doppiaggio italiano.

Fosse stato un ritratto di Pam Anderson vestita come in "Barb Wire", avrei scialaquato senza esitazione alcuna, nè pietà per la mia dignità.

 

E' proprio vero, nell'uomo esistono due forze, una tesa alla trascendenza, l'altra accondiscendente con la bestia.

Ed è anche vero che se la trascendenza riesce, con fatica, ad imporsi, e tu abbandoni l'ubriacatura abituale, arriva la bestia ad offrirti da bere, per festeggiare la trascendenza, facendoti ricadere nel vizio dell'alcool. Rientri dalla porta di servizio!

 

Naturalmente non conosco bene il Don Chisciotte - ci mancherebbe! - non bene comunque come molte scene di Barb Wire...

 

So di peccare, e mi batto il petto. Guardate, mostri, come mi batto il petto! Non vi basta? Va da sè che scherzo, è tutta scena, sto bene attento a non farmi male, e da questa scena traggo il conforto di credermi una persona almeno capace di pentimento.

 

"Poverino, il rimorso lo rode"...

 

ma niente affatto, poteste vedere quanto poco mi rode! Per cui, sono povero davvero, ma non certo perchè il rimorso mi roda! Non traggo alcun conforto dalla mia commedia - prima ho mentito, non sono così stupido da crederci - ecco perchè soffro! Il dolore è perchè non sono neanche capace di pentimento!

Sono come Flip, il cane di Eta Beta, che soffriva di mal d'orecchie.

 

"Ma se non le ha!", osserva Topolino.

"E' per questo che soffre!", gli spiega Eta Beta.

 

Commediante fino all'ultimo, senza speranza, come un villain baffuto del kung fu che, colpito a morte, non si accascia al suolo esalando l'ultimo "ah!", ma si rotola per ore tanto perchè abbiate presente che lui muore!

Commediante fino all'ultimo! Guai a chi mi credesse...

 

Quando si ascolta Chaliapin, non si ascoltano vane esibizioni di virtuosismi vocali, tutto è al servizio del Sentimento, un sentire disidentificato dagli aspetti della personalità. Solo il Testimone rimane, a testimoniare della vera identità.

Non si tratta di "vecchia o nuova scuola" di canto. Si tratta della tendenza alla trascendenza, ottenuta forse attraverso un artigianato che ha raggiunto una tale perfezione, da cessare di essere artigianato, per diventare Arte della qualità più elevata.

 

Schubert "Der Doppelganger" (Il sosia)

 

Otchi Chornia (Occhi neri)

 

Per me, non fa alcuna differenza pensare a Chaliapin o ad un mistico.

 

 

Don Chisciotte (1933)

di Georg W. Pabst con Fëdor Shaljapin, Dorville, Renée Valliers, Mireille Balin

 

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