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Il vocabolario dei sentimenti - Dedizione (8)
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 Dedizione non è offrirsi a qualcuno, ma essersi già disinteressatamente offerti a quel qualcuno. Non è un atto che si riflette nel futuro, non è un’intenzione. È una volontà, o una necessità, in divenire costante, che si mette in moto prima che diventi intenzione. Dedizione si legge negli occhi di Grent, sempre e comunque. Grent ama Fiona da quarant’anni, sono stati, sono e sanno che tutto sommato saranno ancora felici. Sono gli occhi di un uomo che ama incondizionatamente senza farsi troppe domande, ringraziando ogni giorno di aver trovato realmente il senso del suo esistere. Finché.

 

Finché Fiona comincia ad essere strana. A dimenticare qualcosa di ovvio, a non ricordarsi più cose normalissime e banali, a non avere più un contatto con la quotidianità dei gesti. La sua vita viene invasa da tanti piccoli buchi neri in cui cadono i ricordi, senza che lei se ne renda veramente conto, morsa dalla crudeltà della malattia più spietata per chi ha trascorso una vita bella. E mentre Fiona regredisce ad uno stato di identità confusa ed impercettibile, priva di passato nonché di futuro, Grent resta lì, devoto romantico, tutore paterno, dipendente innamorato. Grent c’è sempre.

 

C’è quando fanno l’amore, come se fossero due ragazzini.

C’è quando si ricordano del passato gioioso, della giovinezza, dei giorni sereni.

C’è quando Fiona inizia a rimuovere il vivere quotidiano della casa, e di conseguenza lui, il marito, l’amato, il compagno di vita.

C’è quando Fiona si perde tra le nevi, nel bianco candore della natura, nell’impossibilità della disperazione.

C’è quando Fiona decide (per quanto che se ne renda conto) di entrare nella clinica dei ricordi rimossi.

C’è quando la vede in quel mondo sospeso che si connette con l’altrove.

C’è quando Fiona si affeziona ad un altro paziente nella sua medesima condizione, scatenando in lui il germe sano della gelosia.

C’è quando va a letto con la moglie del nuovo amico di Fiona, sentendosi il peggiore verme sulla faccia della terra.

 

C’è quando Fiona si dimentica di lui.

C’è quando l’accompagna al secondo piano della clinica. E le resta accanto sempre, nonostante tutto, nonostante lei ignori chi sia lui. Il secondo piano ospita i malati terminali, quelli che non ce la possono fare.

C’è quando le permette di poter essere, per l’ultima volta, davvero felice. Perché la felicità di lei è la felicità di lui. Nonostante lui sia, nella percezione mutata di Fiona, lontano da lei.

 

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