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L'assassino è il porno.
di Alter Darius
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Alter Darius

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Bisogna esprimere le condoglianze ai nostri occhi che, essendo ormai degli habitués dei salotti del porno, gli è morto qualcosa dentro, qualcosa che possiamo senza errore chiamare desiderio. E allora, già che ci siamo, celebriamo anche la messa funebre per l’eros, che ci ha per sempre lasciati, dopo che l’internet è divenuto un bene di massa ipertrofico, garantendo a ogni utente una mostruosa bulimia.
Ma come è potuto succedere? Questo ci si chiede davanti alla morte. Come è potuto succedere che il cinema ha smesso di esercitare l’erotismo nel proporre le scene di sesso allo spettatore? Una volta era tutto un gioco di luci su coperte epidermiche che si avvinghiavano ad altre coperte epidermiche, le labbra si increspavano, i denti sporgevano, i capelli ondulavano e si moltiplicavano, i polpastrelli delle dita si irrigidivano, la macchina da presa era l’amplesso stesso, e il montaggio lampeggiava con voluttà di carattere; tra le goccioline di sudore spruzzate da qualche bomboletta spray si poteva persino immaginare lo strusciare sensuale dell’amore. Poi il porno ha alzato la testa, ha deciso che tutto ciò era roba sua, ha amplificato i propri canali di veicolazione, grazie alla banda larga è diventato un bene di consumo socialmente accettato e condiviso, e alla fine con un colpo di rasoio ha sfigurato l’immaginario erotico del cinema incorporandolo nelle proprie logiche raffigurative le quali, con ogni evidenza, sono sempre e solo viste dall’esterno, si snodano unicamente attraverso la movenza meccanica, e il tutto senza desiderio, senza interpretazione e senza un punto di vista. Un brutale andare su e giù a molla. Che va anche bene, e infatti questo non è un atto di accusa all’industria pornografica né una dichiarazione di superiorità morale del cinema (ché il cinema pornografico è un genere cinematografico). Per cui va benissimo stare lì a scegliere “mature”, “big tits”, “milf” e “gang bang”, a scanso di equivoci questo scritto non vuole sindacare su questo. Il nodo che vuole pizzicare, invece, è quando la visione pornografica diviene l’unica chiave di volta per poter vedere la messa in scena del rapporto sessuale. Allora bisogna prendere atto che siamo in corso di uno sbilanciamento sempre più netto, bisogna ammettere insomma che il porno ha occupato tutte le poltrone in sala. Cito come esempio “La forma dell’acqua”, visione recentissima, in cui il cattivo scopa come una pornostar, mentre magicamente la presumibile scena erotica col mostro marino viene velata dalla tendina della doccia, come a voler censurare qualcosa percepito ormai come un tabù. Un paradosso che dice molto sul cinema contemporaneo. E volando a battito d’ali sulla maggior parte dei film degli ultimi anni (con tutte le eccezioni che si vogliono registrare), si consta come il porno si sia preso tutto, dalle posizioni, all’inquadratura dei corpi, alle dinamiche del rapporto, alla scelta delle parti anatomiche da mostrare, alla fotografia, al tipo di gemito. “E l’amore dov’è?”, chiedeva l’amante del prete al religioso stesso, nel film “I Diavoli” di Ken Russell. “Me lo chiedo anch’io,” rispondeva Grandier. Poi le chiedeva di dargli la mano e, una volta stretta, aggiungeva: “È come se toccassi un morto, vero?”.

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