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THE NIGHT OF - Indagine su un cittadino
di Andrea Fornasiero ultimo aggiornamento
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Le imposizioni della società degli uomini sul cane Buck in Il richiamo della Foresta sono crudeli, a volte anche a stupide, e tragiche quando si dimostrano amorevoli. Tanto che alla fine Buck rinuncia a far parte della “civiltà” e sceglie di seguire nella foresta le bestie selvagge. Questa è la visione della vita in carcere propugnata da Freddy in The Night Of, e il richiamo al libro di Jack London è naturalmente del tutto americano, assente infatti nell’originale inglese della serie e quindi pura farina del sacco di Richard Price.
Il lavoro di adattamento rispetto alla miniserie BBC del 2008 Criminal Justice di Peter Moffat, da cui The Night Of è tratto, è stato decisamente lungo (era un progetto del compianto James Gandolfini) e trova le sue più significative varianti in tre punti: i tempi del racconto, la parte carceraria con la trasformazione del protagonista, e la conclusione. Sui tempi basti dire che il primo episodio inglese di circa un’ora presenta gli stessi fatti che la versione americana racconta nei primi due episodi per quasi due ore e mezza di durata. Alla secchezza degli eventi di una notte tragica, si sostituiscono così un senso di inesorabilità, il puntiglio meticoloso di tutto il processo dall’arresto all’incarcerazione, lo sconcerto di un ragazzo che si vede la vita precipitare davanti. Alla riuscita giova la straordinaria capacità degli interpreti, dal protagonista Riz Ahmed che affronta una notevole metamorfosi anche nel corpo, a John Turturro, forse mai così bravo, eccentrico e trattenuto al tempo stesso, fino all’ottimo Bill Camp, caratterista di razza capace di saltare tra ruoli completamente diversi fra loro (cinico e spietato in 12 anni schiavo, spaventato burocrate in Jason Bourne ed empatico ma anche arcigno poliziotto in The Night Of).

L’odissea carceraria di Naz è si distanzia da quella inglese perché il rapporto con Freddy è molto più sviluppato, grazie alla sintesi che fonde in lui sia il boss del carcere sia l’amichevole compagno di cella (che qui è un ruolo assente perché assorbito da Freddy). Anche in questo personaggio è cruciale l’interpretazione, come di consueto magnetica e quasi impenetrabile, di Michael Kenneth Williams, veterano delle serie HBO fin dai tempi di The Wire. Freddy instaura con il suo protetto Naz uno strano rapporto d’interdipendenza intellettuale, le cui motivazioni emergeranno solo alla fine (ammesso che si voglia credere alla confessione di Freddy). 

Il vero scarto di The Night Of rispetto alla versione inglese è però soprattutto nella trasformazione di Naz, che si irrobustisce nel corpo e nello spirito, imparando a trattare gli altri con freddezza, a pestarli e a manipolarli, inclusa la sua avvocatessa che addirittura convince a fare per lui un “mulo” della droga. Una scena quest’ultima assente nella versione BBC, dove il protagonista era un ragazzo bianco interpreto da Ben Whishaw che rimaneva gracile e indifeso per l’intera durata della sua prigionia.

La conclusione era poi l’elemento più raffazzonato di Criminal Justice, con tanto di cospirazione poliziesca dove alla fine Box si rivelava il “villain” che aveva evitato di interrogare il colpevole per coprire i suoi intrallazzi. Richard Price e Steven Zaillian (che come regista è decisamente maturato nei dieci anni di inattività da Tutti gli uomini del re) in The Night Of preferiscono invece evitare una facile risoluzione che sciolga ogni ambiguità e non offrono risposte certe sulla colpevolezza o l’innocenza dei vari sospettati.

Rimane quindi più fedele a se stessa la versione americana, che pur non chiamandosi Criminal Justice, racconta meglio la pratica del diritto penale e i suoi effetti mantenendo l’attenzione soprattutto sul sistema. Le traversie legali di Naz e dei suoi avvocati hanno infatti effetti devastanti sulle loro vite e tutti e tre ne escono per certi versi distrutti, con il protagonista che presumibilmente non riuscirà più a scrollarsi di dosso la galera, l’avvocatessa dalla carriera rovinata e l’avvocato Jack Stone umiliato dall’esposizione dei propri limiti e dai loro effetti psicosomatici. Se Box riprende a inseguire il fantasma di uno sfuggente colpevole, a Jack rimane invece solo il gatto cui oltretutto è allergico, perfetta metafora del suo rapporto con la professione della legge: un lavoro che ama e che allo stesso tempo lo distrugge.


Qui i precedenti articoli della rubrica CoseSerie.

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