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Venezia 2013: protagonisti. Philippe Garrel
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Si nasce maledetti, io penso. Solo il tempo, può benedirci.

 

Garrel, Philippe; Parigi, classe 48

 

 

La scheda di Philippe Garrel potrebbe essere brevissima: ateo dichiarato, ha diretto tre film in bianco e nero e due a colori. Ma, essendosi il sottoscritto interessato al personaggio sin dal 2004, posso fornire qualche indicazione sul regista, a prescindere dalla sua biografia. Garrel è stato un vero talento precoce: ha diretto i primi due film tra i 14 e i 18 anni. Ma, essendo dotato di una forte componente autocritica, distrusse i lavori, ritenendoli non “all'altezza di un regista”. Si trattava, in fondo, di discorsi amorosi, interrotti a più riprese dalla quotidianità della vita. Anche qui, forse, ciò che contava era la cornice, poco il contenuto: in una Francia pre-sessantotto, ma che comincia ad avvertire i primi sintomi dell'imminente rivoluzione studentesca, Philippe matura un odio profondo per tutto ciò che è rigidamente incanalato nell'Istituzione. A questa sua evidente rabbia, però, non fa riscontro una altrettanto precisa ricerca di contenuti poetici: sembra, quasi, che l'unico modo di affrontare il dubbio esistenziale (“perché essere”, come diceva Sciascia, “se poi, il nulla ?”), sia combattere amando. Figlio di un attore notissimo oltralpe (Maurice Garrel, interprete di oltre cento film), vive un'esistenza giovanile tormentata e discutibile (non poche saranno le sue dipendenze, alcol e droga in testa), divenendo padre di Louis (oggi attore in numerosi film paterni, ivi compreso quello che concorre a Venezia, “La Jalousie”, o, convenzionalmente "Jealousy") nel 1983, dopo una relazione con l'attrice Brigitte Sy. Si trattava del primo incontro di una certa importanza per Philippe, legato per i dieci anni precedenti a Nico, la solista dei Velvet Underground: questo rapporto, idilliaco quanto costringente, fu il tema principale del regista. Nico partecipò a sette suoi film, ma scrisse anche una sceneggiatura, “La cicatrice interiore” (visibile su Youtube), che il compagno girò pedissequamente. Ed è qui che si forma Garrel: la sua idea di cinema è “familista”: dirigendo gli amici, le compagne, il figlio, egli tratteggia la sua storia, arricchendola con spunti ironici, momenti depressivi ed altri autocompiaciuti, fino a formare un'unica grande pellicola con una sola storia, la sua. Quando ebbi modo di fargli qualche domanda, cercò di spiegarmi questo punto di vista: “un autore, uno scrittore, un drammaturgo”, disse, “dovrebbero parlare di ciò che conoscono”. Nel suo caso, con chiaro riferimento principale a Fellini, il senso era che “l'occhio – voyeur ?- dello spettatore si nutre dei miti, ed è tranquillizzato nel vedere che anche i divi fanno la tua stessa, misera vita” . Per parlare di tutto questo, Philippe Garrel sceglie, spesso, di girare in bianco e nero: una scelta che, se favorisce la componente artistica, lo lega inevitabilmente ad un pubblico di nicchia, relegandolo in un contesto di indipendenza marginale. Influenzato da un cinema che oggi non potrà più tornare, in cui sono evidenti i rimandi a Godard, Truffaut, Rivette, Garrel ha avuto un certo riconoscimento solo in età adulta: curioso, che un “enfant prodige” abbia dovuto attraversare gli anta, per sentirsi appagato. Distribuito spesso in edizione originale, ha avuto circolazione complicata, in ogni suo lavoro. Eppure, la sua opera, spesso vera e propria arte, senza indulgenza alla commozione, dice molto sul cinema, come industria: lo delimita in un contesto produttivo, ne analizza soprattutto l'evoluzione. I suoi fantasmi (non a caso, la morte di Nico, tra l'altro accidentale, fu la ragione principale che lo costrinse a ripensare la sua attività come un vero lavoro, non più come una manifestazione di singoli momenti di follia) sono sempre vivi, ma oggi paiono pacificati. Complice anche la condivisione di un passato sessantottesco con il presidente di Giuria, il maestro Bertolucci (non a caso, suo figlio Louis era il mitico Theo de “The dreamers”), Philippe Garrel potrebbe trovare a Venezia il plauso che attende da quasi quaranta anni.

Philippe Garrel

Jealousy (2013): Philippe Garrel

 

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