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Donne parlano di donne: Lehava VS Juliette
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L’arte non è scienza. Fortunatamente. Tantomeno una scienza esatta. E’ opinabile, soggetta a mode e gusti. Questo non significa che non esistano parametri su cui basarsi, ci sono eccome! In un quadro potremo analizzare la prospettiva, l’uso dei colori, la luce, le geometrie. E anche le influenze, le finalità, la simbologia.  Ma lo stesso non ci spiegheremo mai perché ci piaccia più Raffaello di Michelangelo, sebbene beh, Michelangelo sia quello del Tondo Doni che appena lo vedi agli Uffizi ti prende un colpo. Però la Dama Velata,  la morbidezza voluttuosa delle vesti … un tuffo al cuore . E ci sarà difficile perfino ammettere a noi stessi che l’Annunciazione di Leonardo ci lasciò ammirati ma indifferenti, mentre L’Eleonora di Toledo con il figlio Giovanni, quel meraviglioso broccato della veste, lo sguardo misurato e sereno, la mano graziosa … una folgorazione!

Io credo che ogni scelta sia, sotto sotto, un atto di amore. E l’amore non può essere spiegato, non prevede giustificazioni, non ammette analisi.  Ma necessita di fede.

Juliette Binoche è dunque la mia Dama Velata, o forse l’Eleonora di Toledo. La mia dichiarazione di fiducia, da quando la vidi in Film Blu tanti anni fa, con gli occhi attenti di una adolescente confusa e spaventata, non così diversa dalla Lehava di oggi.

Perché lei? E chi lo sa! Forse perché trovai intrigante quel suo modo di essere sensuale e nel contempo intellettuale. Corpo e anima. Chissà, magari riconobbi inconsciamente me stessa nei suoi gesti trattenuti eppure intensi. La Lehava che io vedo, o vorrei vedere. Non la mia immagine attraverso gli occhi dell’altro (che con la Binoche ha invero poco a che fare). 

E certo mi ha affascinato, con il tempo,  quel suo rimanere sempre uguale a se stessa in ogni pellicola. Sempre protagonista (anche quando protagonista non è, come ne “Il paziente Inglese”), sempre al centro della scena. Sempre eroina, romantica e drammatica da “Il danno”  a “Gli amanti del Pont Neuf” a “L’ussaro sul tetto”. Un’attrice, ma soprattutto una donna reale.  Con il coraggio delle proprie idee e delle proprie scelte,  grazia e fermezza.

Forse eravamo predestinate io e Juliette. Perché lei lavorò nel 1989 alla trasposizione cinematografica di un libro che, mio malgrado, bene interpreta la mia anima . Non mi piacque quell’ “Insostenibile Leggerezza dell’Essere”, ma mi convinse lei, una Tereza fragile ed affascinante. 

E’ lei dunque la mia scelta, senza esitazione e senza motivazione

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