Io ti conosco. Sei quella sotto l’orlo che occhieggia attraverso il pizzo. Quella che saluta quando scende dall’auto mal protetta da cosce troppo magre per baciarsi. Lo stesso colore delle ginocchia, le stesse pieghe glabre, quel sorriso sghembo da dopo-festa alcolico, storto come un labbro qualunque di una qualunque mascella inferiore tirata verso un orecchio dalla chimica della coca. Io ti conosco. Filetto di moda e trancio di pudore allo scoglio. Unta. Un piccolo baffo a V, simbolo di una consapevolezza femminista affogata nel qualunquismo popolar scandalistico delle starlette che hanno infranto l’ultimo tabù, svelato il mistero finale, rivelato l’assassino di miliardi di uomini nel corso della storia. Io ti conosco la tua faccia è su tutti i muri, su tutti i giornali. Il tuo odore in tutti i bar, su ogni sedia, trasportato come polline da api furibonde all’inseguimento di fuchi ribelli e infedeli. La natura delle cose è quella di svendersi, così come la bocca rugosa assomiglia alle tue labbra volgari, la stessa impossibile espressione di disgusto e di malcelato fastidio nel sentire che la merce è in visione, in conto vendita. Il pronto acquisto, vista e piaciuta così com’è, cruda appena pescata e pronta per essere consumata. Sei su tutti i neon, rifilata di tubi pieni di gas a colori fluorescenti, grandi frecce rosse indicano dove consumare e a che prezzo, cosa aspettarsi che gusto proverai e perché. Non c’era più nulla da barattare in cambio di libertà, in cambio di una libertà confusa con un altro tipo di costrizione, quella di non poter tornare più indietro, di andare oltre. Così è, cambiano i gusti dei volubili umani annoiati già dall’oggi, poco attratti dal domani e come il brivido folle della novità ha bisogno di sempre più nuove forme per soddisfarsi così anche tu, passi. E scali in classifica come una qualsiasi canzone popolare trasformata in hit del momento a vantaggio del vestito firmato, del muscolo abbronzato, dell’occhiale alla moda. Bisturi. Quello che serve, tornare sorridente e tonica, tesa e fresca come un bocciolo di adolescente. Incontaminata come acqua di fonte in cui fare abbeverare il toro di turno da mungere, l’ultima chance prima dell’oblio che si riserva ai molluschi andati a male per riscattare un’esistenza trascorsa sul piatto principale di una enorme, nauseabonda abbuffata.
Con Debora Caprioglio, Stéphane Ferrara, Martine Brochard, Valentine Demy
L’esordio di Deborah Caprioglio si distingue per due dita piantate in primo piano nella sua vulvona a pieno schermo, patonza villosa, spettinata e ribelle in pieno look anni ‘80. Le mancano solo la cotonatura e le anelle ai lobi. Quali lobi?
Con Andie MacDowell, Jack Lemmon, Tim Robbins, Julianne Moore, Matthew Modine, Chris Penn
Altro esordio d’autore. Rossa come il fuoco incendia lo schermo di una presenza indelebile. L’azzeramento di ogni pudore è il metro di una sessualità esplicita e consapevolmente mercificata. Splendida Julianne Moore.
Sharon Stone fece la fortuna di un filmetto risibile mostrando l’ombra del pube in una celebre, patinata, plastificata scena nel più puro stile anni ’80. Tira più un pelo di *ic* che una buona sceneggiatura.
Con James Van Der Beek, Shannyn Sossamon, Jessica Biel, Faye Dunaway, Kate Bosworth
Alle feste universitarie va di mona….ops di moda, essere così, come mamma l’ha fatta. I corpi non ne possono più di incontrarsi e di non riconoscersi. Viste così, sono tutte uguali, viste così non c’è nulla di eccezionale. Meglio la coca.
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