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Tetsuo II

Regia di Shinya Tsukamoto vedi scheda film

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David Cronenberg

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La recensione su Tetsuo II

di David Cronenberg
8 stelle

Ad un impiegato occhialuto e incravattato ed alla sua servile moglie, degli skinhead, rapiscono il figlioletto. Subito Taniguchi, il padre del bambino, si riapproprierà dello stesso, non senza la pietà dei due rapitori, ma poi gli stessi rapiranno di nuovo il piccolino, questa volta per ucciderlo definitivamente. Da quel momento in poi riemergeranno in Taniguchi, nel frattempo rapito anch’esso dagli skinhead, e nel capo metal fetisher degli stessi skinhead, i ricordi più morbosi e decadenti di un infanzia vissuta sotto la follia di un padre violentissimo, che aveva sperimentato sui suoi figli una formula metallifera che si ripercuote su di essi anche da grandi. La lotta finale, tra due ammassi di ferraglia armata, sarà tra i due fratelli.
Se il primo “Tetsuo” era una spiazzante analisi metallurgica di una società e di un mondo zigrinato e arrugginito ma pur sempre contenuto, basso, il secondo “Tetsuo II: Body Hammer” è una definizione assoluta delle componenti che caratterizzavano il primo, la malattia si fa specifica, cancro, e il ferro si modifica, diventa grattacieli, telefoni, pistole, metropolitane, ringhiere e scale mobili. Tutto, dal chiaro scuro sfumato del primo, diventa colorato e virato in blu, tutto ha un significato preciso, l’uomo è ormai intrappolato e soffocato dalla sua città, da quello che ha creato e che contribuisce ad ampliare, il cielo non può ormai più vederlo, solo dal tetto del palazzo in cui abita ha la possibilità di scorgerlo, grigio-giallo, ferriginoso, il cielo blu è ormai nel ricordo. E il tema del ricordo, nel film di Tsukamoto, è spesso presente, come per i grattacieli, la vita è costruita su fondamenta, i ricordi, che se vengono a mancare rischiano di far crollare tutto. “Tetsuo II: Body Hammer” forse il miglior Tsukamoto, come per il metallo, raffina il predecessore “Tetsuo”, aggiunge una trama esplicativa e lo porta ad un livello di maggior significato; il finale a più zoomate sulla famiglia incriminata per tutta la durata del film, che trova finalmente la pace, o in un mondo distrutto o nell’aldilà, poi è indimenticabile, forse il più apocalittico della storia del cinema. Il film vinse otto premi internazionali tra cui quelli di Taormina e di Montreal, e seppe ancora una volta sconvolgere, motivare e distruggere la distruzione, dovuta alle malattie dell’uomo e al creato consolatorio di un uomo già malato dalla nascita.

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