Regia di Enrico Iannaccone vedi scheda film
Una professoressa ninfomane, ormai piuttosto matura, decide di cambiare vita e sposa un ragazzo ben più giovane di lei. Un ultimo incontro con il suo storico amante, Marco, voluto come una sorta di 'buona uscita', finisce per creare nuovi ripensamenti alla donna.
Quando vuoi X arriva Y, poi ti accontenti di Y e ritorna X, allora riprendi X ma a quel punto ti tocca Z. In parole povere questa è la morale del film, estrapolata da una battuta messa in bocca alla protagonista nel pre-finale; viene definita "legge della contraddizione" ed è effettivamente tutto ciò che c'è, riassumendo e tirando le fila, dietro la storia de La buona uscita, al di là naturalmente di un titolo molto ispirato. L'idea della 'buona uscita' all'amante storico per intraprendere una nuova vita - impossibile a portarsi avanti, perchè la natura è la natura e i caratteri non si cambiano, al massimo si dissimulano - è l'unica degna di nota in questa sceneggiatura di Enrico Iannaccone, all'esordio registico in lungometraggio; un'opera prima visibilmente povera e visibilmente girata con il cuore prima ancora che con la testa, pregna di volontà di stupire, di lasciare quantomeno il segno, ma a tutti gli effetti misera di soddisfazioni. La recitazione, forse diretta un po' troppo liberamente, si incanala su due binari: o è eccessivamente teatrale o è semplicemente amatoriale; sfugge alla regola solo la bravissima Gea Martire, dal curriculum d'altronde ultratrentennale. La narrazione vive ritmi bolsi e si inceppa spesso in scene logicamente superflue; la confezione è però assolutamente accettabile, considerata la ristrettezza dei mezzi. Iannaccone a tale proposito si occupa anche del montaggio e della colonna sonora, rivestendo anche un ruolo di co-produttore. Attendiamolo alla seconda prova, per capire di più. 2,5/10.
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