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Il nido

Regia di Klaudia Reynicke vedi scheda film

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La recensione su Il nido

di OGM
4 stelle

L'incanto montano è un incantesimo troppo facile da spezzare. Ed è un peccato vederlo infrangersi così, nel peggiore dei modi.

Mistero domestico. Ombre familiari. Bucco è un paesino di montagna noto nel mondo come un luogo sacro. È apparsa la Madonna e si verificano miracoli: guarigioni prodigiose, conversioni, eventi fantastici che attirano ogni anno migliaia di pellegrini. Cora è la loro guida: una ragazza dai grandi occhi chiari, dalla cui bocca i tanti turisti amano sentirsi raccontare bellissime favole che scaldano il cuore e riconciliano con la vita. In questo paesaggio manca solo l’enigmatico straniero, giunto da chissà dove, e che, immancabilmente, seduce le donne, mentre tra gli uomini porta lo scompiglio. Come al solito, la chiave dell’arcano si nasconde nel passato, in un oscuro episodio risalente all’infanzia, nascosto dal perbenismo, sepolto dalla vergogna. Questa è l’ennesima storia dell’eterno ritorno, del tempo che si è fermato nel momento di una fuga, dell’esilio che si interrompe per lasciare spazio alla verità, forse alla vendetta. Questo film ama giocherellare drammaticamente con questi cliché dal sapore antico, immergendoli in un ambiente che fa pensare alle moderne emarginazioni delle province lontane, dove la superstizione è un sollievo, oltre che un passatempo, e magari anche una fonte di reddito. La religione è un dettaglio di colore locale, decisamente kitsch e un po’ sbiadito dall’usura. In mezzo al grigiore, c’è però il brillio di uno sguardo femminile che richiama su di sé tutta l’attenzione, che pretende di essere il cuore pulsante nel corpo freddo di una magia popolare ormai spenta. Cora è la perla che vuole salvare il senso di un racconto vuoto e prevedibile, e lo fa con tutta l’anima, forte di una bellezza fanciullesca e a suo modo selvatica, insipida per effetto di un’innocenza impalpabile fatta di sola luce. Seguire i suoi desideri appena intravisti è un modo per distrarsi dalla vanità di una trama che non si ribella alla propria convenzionalità, nella quale si dibatte, tutt’al più, per l’incapacità di crederci fino in fondo. La finzione, in questo caso, è una comodità senza passione, facile ed approssimativa, come un battito irregolare che non sia il prodotto di un’emozione. Cora vola con leggera eleganza attraverso questa nebbia dei sensi, che non ha carattere né personalità, e parla a vanvera delle solite cose tristi e senza speranza. Il suo gusto intatto per l’avventura, per la sfida del pericolo e dei pregiudizi è l’unico spunto vitale in un quadro smorto, senza alcuna forma di amore, nemmeno quello falso che si nutre di abitudine. Cora abbraccia con naturalezza la novità che le offre il caso, e in un lampo si accende di curiosità ed entusiasmo, a dispetto di quelli che non capiscono e non vogliono cambiare. Il resto è scenografia già vista; è cinema che si accontenta delle proprie graziose intenzioni, sforzandosi di farne un’agreste e crudele poesia.    

 

Ondina Quadri

Il nido (2016): Ondina Quadri

 

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