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Hell

Regia di Nobuo Nakagawa vedi scheda film

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La recensione su Hell

di undying
8 stelle

Uno dei primi film splatter in assoluto, nonché pioniere del genere nipponico ero-guro (erotic grotesque nonsense). Opera visionaria e assolutamente astratta, che propone una coloratissima e vivace versione dantesca dell'inferno.


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Hell (1960): locandina

 

Tokyo. Shirô (Shigeru Amachi) è felicemente fidanzato con Yukiko (Utako Mitsuya), con la quale ha in progetto a breve tempo di convolare a nozze. Una sera è responsabile involontario - per aver indicato una deviazione stradale - dell'uccisione di Yoko, un ubriaco barcollante in mezzo alla strada, investito dall'auto guidata dall'amico Tamura (Yôichi Numata). Testimone della tragedia è però la madre (Kiyoko Tsuji) della vittima, che in accordo con la fidanzata del figlio - Yoko (Akiko Ono) - organizza una vendetta. Shirô si confessa a Yukiko, che lo induce a costituirsi ma, ancora una volta per scelta sbagliata (prendere un taxi), causa la morte della sua ragazza, a seguito di un incidente. Raggiunto dalla notizia di un peggioramento delle condizioni di salute dell'anziana madre, Shirô si precipita in visita del genitore morente, ospite di uno squallido ospizio. Qui incontra una serie di personaggi in odor di peccato, compreso il padre che ha una relazione con la più giovane ex-moglie di un pittore (la cui figlia Sachiko è identica a Yukiko) che sta lavorando su un dipinto dell'inferno.

 

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"Innumerevoli persone hanno peccato, in cammino verso la morte. Potrebbe la legge punirli tutti? Alcuni possono scivolare attraverso la rete della giustizia umana, ma non eludere la propria coscienza. La religione sogna un mondo dove i peccatori sono puniti dopo la morte, per i crimini impuniti compiuti in vita. Quel mondo, è l'inferno."

 

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Jigoku: scena

 

Impressionante opera visionaria di Nobuo Nakagawa, considerata capostipite degli "ero-guro" [1] forse troppo eccessivamente elaborata in sceneggiatura, tanto che gli eventi si sviluppano in maniera frenetica per tutta la prima ora. Ogni personaggio presente sullo schermo ha qualcosa di cui pentirsi una volta giunta l'ora fatale. Più che coinvolgere per una trama forzatamente pessimista e piena di sventure (i morti si susseguono a ritmo crescente, in una serie di circostanze talvolta grottesche), Jigoku [2] affascina per via di una cinematografia all'avanguardia, con passaggi di scena originali [3] e un uso avanti lettera dello splatter [4] durante l'allucinante ambientazione infernale nella quale vanno in scena scorticamenti, decapitazioni, amputazioni delle mani, punte affilate che attraversano i piedi, smembramenti e annegamenti in laghi di sangue. Al tutto si aggiunge una ciclica melodia con lirica pessimista sulla precarietà della vita e sulla rotazione funerea dell'esistenza umana, cristallizzata dalla sospensione degli orologi in punto di morte. 

 

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Jigoku: Akiko Ono

 

L'insensatezza dell'esistenza terrena di fronte all'aldilà [5

 

Interessanti riflessioni sul film, a cura di Roberto Curti e Tommaso La Selva, che riportiamo letteralmente.

 

"(Jigoku) innesta su un'impalcatura da ghost story classica (ma il protagonista ha curiose similitudini con il caso Loeb portato sugli schermi da Fleischer in Frenesia del delitto) sconvolgenti immagini di torture nella parte finale ambientata nell'inferno buddista, dove i peccatori subiscono orripilanti contrappassi mutuati tanto dai jigoku-zoshi del periodo Kamamura (XIII° secolo) quanto dalle illustrazioni giovanili di Tsukiyoka Yoshitoshi (...) Il nichilismo che traspira dalle visioni infernali messe in scena da Nakagawa trascende dal meccanismo colpa/punizione, e trasforma il film in un vero e proprio buco nero, uno squarcio sull'ottundente insensatezza dell'esistenza terrena di fronte all'aldilà."

 

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Jigoku: contrappasso di un peccatore... squartato

 

Citazione

 

"Giorno dopo giorno, le cose svaniscono. Anno dopo anno, la mia morte si avvicina. Oggi è il funerale di un altro. Domani sarà il mio..."

(Brano della canzone che ciclicamente accompagna la narrazione)

 

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Jigoku: scena

 

NOTE

 

[1] Genere detto anche "ero-guro nansensu", traslitterazione dall'inglese erotic grotesque nonsense che, dopo la Seconda guerra mondiale, si estende in Giappone anche ad altri campi artistici quali musica, rappresentazioni teatrali e fumetti (manga).

 

[2] "Jigoku" in giapponese significa Inferno (inteso in accezione buddista, ma sostanzialmente identico alla rappresentazione dantesca). Due omonimi film, del tutto differenti come storie, sono stati girati in seguito: Jigoku - The inferno (Tatsumi Kumashiro, 1979) e Jigoku - Japanese hell (Teruo Ishii, 1999).

 

[3] Memorabili in particolare tre momenti: Shirô dall'aula di una scuola si ritrova in intimità con Yukiko, senza stacchi di macchina ma grazie a un artificiale sfumatura dello sfondo che prima avvolge il protagonista di nero e poi, a scena di nuovo illuminata, lo riporta indietro nel tempo; la vertiginosa sequenza sulla passerella pedonale sospesa su un dirupo, nella quale trovano la morte sia Yoko che Tamura; tutta la lunghissima terza parte ambientata all'inferno, con gradazione cromatica verde e uso di filtri e immagini sovrimpresse.

 

[4] Blood feast di Herschell Gordon Lewis, erroneamente riconosciuto il film apripista del sottogenere, è di tre anni successivo (1963) a Jigoku

 

[5] Citazione da "Sex & violence - Percorsi nel cinema estremo" (pag. 411/412), a cura di Roberto Curti e Tommaso La Selva.

 

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Jigoku: Shigeru Amachi

 

"Di dolorosi pensieri sono l'anime torme[n]tate nel ninferno, perché co molta pena si ricorderanno quello che co molto diletto hanno già comesso, acciò che lo stimolo della memoria acresca la pena, quanto il diletto ha piú acceso il peccato."

(Bono Giamboni)

 

"Forse la terra è l'inferno di un altro pianeta."

(Aldous Huxley)

 

Trailer 

 

F.P. 30/01/2022 - Versione visionata in lingua giapponese (durata: 98'52")

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