Regia di Michael Dudok de Wit vedi scheda film
Il momento di pausa che il nostro tanto amato Studio Ghibli si è preso, dopo il ritiro del maestro, mi ha portato ad attaccarmi in modo molto più forte a qualsiasi progetto che lo riguardi, anche in co-produzione, come questo. Infatti dello stile giapponese dello "studio di Totoro" non c'è quasi nulla visivamente, ma per quanto riguarda il carattere impegnato e profondo della pellicola i livelli sono quelli. L'animatore, sceneggiatore e regista Michael Dudok De Wit, che penso in pochi conoscessero, dà vita ad un'opera veramente straordinaria sia per i disegni che per il significato. Difficile esprimere a parole le sensazioni che trasmettono quei contorni, quei tratti e quei colori di un'animazione molto "europea", almeno sembrerebbe, nello stile. Impressionante quindi qualsiasi campo largo, di cui il film è pieno zeppo in mezzo a quella natura incontaminata. Natura rappresentata in modo molto realistico, sia gli animali dell'isola che le piante. Più stilizzati invece gli umani, che sono al centro della narrazione ma che sebrano quasi sullo sfondo rispetto a questa splendida rapresentazione naturalistica. Si potrebbe parlare per ora della fantastica fotografia, sia notturna che giornaliera, della regia e delle inquadrature sempre ben accorte e di tutta la resa tecnica, ma mai riuscendo a trasmettere quindi quell oche si prova guardandoli sullo schermo. Si può invece discutere molto sul lato narrativo, che presenta una delle trame più semplici del mondo: uomo naufrago su un isola deserta (non si sa per quale motivo e non ci importa infatti) che tenta di fuggire più volte per mare, con una zattera, ma viene costantemente ostacolato da questa splendida tartaruga gigante rossa, che poi incontrerà più da vicino. Per quanto mi riguard ail film è proseguito in maniera splendida ma lasciandomi con quel qualcosa che mancava, quell'anima che non riuscivo a trovare alla pellicola, fino al finale in cui ho rivalutato un po' il tutto. Credo sia uno di quei film in cui il finale spiega un po' tutto e se vi sentirete forse dubbiosi e non capirete il vero senso di tutto quello che avete davanti, lo rivaluterete come me proprio lì nel finale, che lascia spazio a più interpretazioni, delle quali solo una, sicuramente quella più speranzosa e commovente, è quella che li regista voleva trasmetterci e che credo di aver recepito.
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