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Lo chiamavano Jeeg Robot

Regia di Gabriele Mainetti vedi scheda film

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La recensione su Lo chiamavano Jeeg Robot

di gaiart
9 stelle

LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT

 

 

     Nel suo frigo ci sono solo budini alla crema. E per terra solo Dvd Porno.

Eppure agli occhi della sua innamorata (Ilenia Pastorelli), nel ruolo di Alessia, una squilibrata, problematica, semi fumetto lei stessa oltre che fanatica del cartone Jeeg Robot d’acciaio, Enzo Il protagonista, chiamato Hiroshi Shiba (anzi, “Hirò”, in romanesco) diviene un supereroe.

     Così Gabriele Mainetti ambienta nel degrado totale della periferia di Roma, a Tor Bella Monaca, la parabola vuota di Enzo Ceccotti, (Santamaria), un eroe del male, introverso e triste, un ladruncolo qualsiasi, la cui vita viene rischiarata solo da Alessia; un arcobaleno che entra nella suo universo buio e ne tira fuori l’amore.

Mainetti racconta che ha lavorato sodo per fare in modo che lo spettatore continuasse a sospendere l’incredulità e - vedendo il risultato - ci riesce davvero.

 

       Un film meta-metropolitano, favola, fantascienza e noir assieme, è eccellentemente scritto da Nicola Guaglianone e interpretato da Santamaria che, per dare “peso” al ruolo ha preso 20 chili, e diventare cioè, un energumeno dalla forza sovrumana, una volta caduto nel Tevere e diventato radioattivo, un pò come sembra il fiume..

        Una performance indimenticabile, risultato di molte prove e anche di un casting perfetto per i ruoli di tutti ma, in particolare, quella di Luca Marinelli, che crea una sorta di zingaro malavitoso, vestito come una drag queen, sociopatico e cantante, vittima da social, malato di apparizione, ma fragile fragilissimo; la scena in cui canta Un’emozione da poco di Anna Oxa è da urlo, oltre che surreale.

 

      Un film profondo, ricchissimo di contenuti che emergono a strati, come spelando una cipolla, commovente, reale e fantasioso, mai banale e molto comico, ad esempio quando viene tirata in testa una tazza di un cesso, rubato un bancomat, o mozzato un mignolo di un piede che non si riattacca, episodi definiti tutti già in una dettagliatissima e originale sceneggiatura.

 

      Il titolo del film prende spunto da una serie televisiva giapponese che tutti ricordiamo. Era il 1979 e si raccontava dell'antico popolo Yamatai, contro cui Jeeg Robot si batteva.

Il super eroe meccanico è qui eroe per un giorno in periferia. Il film ci fa quindi riflettere su nevrosi, paure e mancanze varie, magari risolvibili da qualche nascosto supereroe, dopo che Batman, Superman e Spiderman sono defunti da mo’, non ci resta che il maglio rotante di Jeeg Robot d’Acciaio, un po’ Dio, un po’ cartone animato.

 

 

 

 

 

 

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