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Documenti su Giuseppe Pinelli - Ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli

Regia di Elio Petri, Nelo Risi vedi scheda film

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La recensione su Documenti su Giuseppe Pinelli - Ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli

di mm40
5 stelle

Il 15 dicembre 1969 un anarchico, Giuseppe Pinelli, muore cadendo da una finestra della questura di Milano. In questo documentario in due parti assistiamo a una ricostruzione con attori di quanto potrebbe essere accaduto quella sera e a una serie di interviste con chi conosceva bene Pinelli.

 

La verità è lontana dall'emergere con chiarezza ancora oggi: nonostante così tanti anni siano passati, il 'suicidio' (delitto?) Pinelli rimane un mistero insoluto. Accusato di aver preso parte alla strage di piazza Fontana di pochi giorni prima, l'anarchico Pinelli fu sottoposto a un lungo ed estenuante interrogatorio da parte del commissario Calabresi e di tre suoi sottoposti, nei locali della questura milanese. L'unica certezza che abbiamo su quanto accaduto successivamente sta nel corpo dell'anarchico, qualche metro più in basso, precipitato dalla finestra di quell'ufficio pochi istanti più tardi. Morto sul colpo. Per tentare di fare luce sul caso, due cineasti di rilievo quali Elio Petri e Nelo Risi mettono insieme questo film, a cavallo fra fiction (la prima parte, quella di Petri) e documentario vero e proprio, nel segmento di Risi. Ma a partecipare moralmente e attivamente alla pellicola sono in tanti, come testimonia l'impressionante lista di registi, sceneggiatori, attori e colleghi di set che compare nella didascalia finale a seguito di un laconico "Firmato:": da Monicelli alla Cavani, da Ruggero Mastroianni ad Age (curiosamente Scarpelli manca), da Luigi Kuiviller (Kuveiller) a Pasolini, Ugo Pirro, Montaldo, Gregoretti, Lizzani, Sergio Amidei, Lino Miccichè... Nessun altro credito artistico compare nella titolazione, per quanto siano trapelate e siano poi state confermate le presenze di Petri e Risi dietro la macchina da presa. Davanti troviamo invece, nella prima parte, Renzo Montagnani, Luigi Diberti e Gian Maria Volontè. Tre quarti d'ora in bianco e nero, un'impostazione politica apertamente schierata a sinistra e a favore della tesi dell'omicidio, per un film che racconta molto di più di quanto dicano i suoi contenuti, parlandoci in realtà di un cinema italiano in stato di grazia, capace di occuparsi di argomenti civili, scottanti, quotidiani, concreti e di assolvere con passione - e tutta la relativa ingenuità - a un ruolo di veicolo di informazione e approfondimento raramente rivestito. 5/10.

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