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King Jack

Regia di Felix Thompson vedi scheda film

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La recensione su King Jack

di leporello
7 stelle

In una cittadina di provincia americana, Jack, un adolescente piuttosto imbronciato e di poche parole, vive insieme alla madre ed al fratello maggiore Tom. Jack ha pochi amici, è vessato un po’ da tutti, a cominciare dal fratello, e non ha intorno nessuno che lo veda veramente di buon occhio, a parte un paio di amiche vagamente tolleranti, le uniche che passino un po’ di tempo con lui. Non che Jack (soprannominato “Scab”, “scabbia, rognetta”) non se lo meriti del tutto: è sostanzialmente un ragazzo meschino, pavido, sempre pronto a far girare le cose in modo che gli torni utile, e l’assenza di una madre fredda che bada solo ad avere meno guai possibile non migliora le cose.
A causa di un improvviso inconveniente capitato a sua zia, Jack si ritrova in casa il cuginetto Ben, un dodicenne grassottello al quale è chiamato da sua madre a fare da “baby sitter” il tempo di un fine settimana. Tra i due, all’inizio il rapporto è freddo, ma proprio mentre cominciano a trovare una qualche intesa, ecco irrompere Shane (un ragazzetto prepotente e violento) che con due scagnozzi suoi pari inizia a perseguitare pesantemente Jack e il suo piccolo neo-amico.
“King Jack” offre molti spunti interessanti. Innanzitutto è un buono spaccato sulla vita dell’America periferica, sull’indolenza alla quale questa realtà in qualche modo costringe. Poi ha come protagonista quello che nemmeno può definirsi anti-eroe, perché incarna sostanzialmente una personalità negativa ed antipatica. Ma ciò nonostante il bravo regista Felix Thompson sa rendere impossibile il non poter essere comunque schierati dalla parte di Re Jack. Lo fa forse per sottrazione. Non esiste infatti nessun personaggio davvero “positivo” in questo film (a parte forse la figura “neutrale” del piccolo Ben che però, sia in quanto “ospite” della vicenda, sia in quanto troppo piccolo di età per essere chiamato a contribuire): della madre si è già detto; il fratello maggiore sperpera i soldi prestatigli dalla madre in scommesse clandestine che puntualmente perde e non sa come pagare; le amichette (tra cui una certa Robyn è oggetto del desiderio del protagonista) non perdono occasione di tradirlo per poterlo prendere poi in giro... insomma, il povero Jack deve difendersi a 360 gradi, senza avere nessun appiglio vero cui aggrapparsi a parte quel se stesso che non riesce però a vincere sulle proprie fragilità.
Molte scene intense irrompono con vigore dando al film un buon livello di tensione (il ”sequestro” di Ben da parte della bandaccia di Shane, la sequenza della festa a casa di Robyn), e ben trovata anche quella in cui, nel prefinale, Jack racconta ad un riluttante Ben la storia che darà poi origine al titolo del film. Scena che costringe però ad un finale a mio avviso troppo enfatico (unico neo del film), con F. Thompson eccessivamente proteso verso un “giustificazionismo” che forse poteva essere evitato, e che avrei preferito fosse rimasto su un tono più sobrio ed oggettivo come era stato per tutto il film.
Molto buono, in ogni caso.

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