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Meat

Regia di Victor Nieuwenhuijs, Maartje Seyferth vedi scheda film

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La recensione su Meat

di maurizio73
4 stelle

Giovane e bella aiutante di un laido e pingue macellaio, intrattiene con quest'ultimo una torbida relazione fatta di voyeurismo e insistite avance sessuali cui, consensualmente, finisce per cedere. La morte improvvisa e violenta del suo datore di lavoro indirizza i sospetti della polizia dapprima su di lei e successivamente sul suo fidanzato, manesco e ribelle affiliato ad un'organizzazione radicale animalista. Il mite ed apatico commissario incaricato dell'indagine però, non ne è convinto e finisce per farsi coinvolgere in un gioco perverso e malato in cui egli stesso si sostituirà pericolosamente alla stessa vittima.

 

Vlees (2010): Locandina

 

Prosegue con questo morboso thriller dalle insistite atmosfere surreali ed oniriche, il discorso teatrale e metacinematografico della premiata (e affiatata) coppia Victor Nieuwenhuijs & Maartje Seyferth che questa volta si cimenta in un dramma psicologico dove i rimandi sessuali e le allusioni pirandelliane al binomio personaggio-interprete sembrano farsi più esplicite e stucchevoli di quanto non fosse già apparso nel loro (fortunato?) esordio di due anni prima con 'Crepuscule'. Assoldando all'uopo la stessa biondina di facili costumi (una Nellie Benner incline alle pulsioni autoerotiche) e la stessa flaccida maschera da personaggio ambiguo e inane come quella del commissario insonne e impotente di Titus Mujzeelar, imbasticono un imbarazzante campionario di orrori cinefili a base di passioni carnali e pulsioni ferali più prossimo alle derive semipornografiche del film di Grimaldi ('Il Macellaio' - 1998) che ai rigidi dogmi ed alle provocazioni (speculazioni) formali di un Von Trier qualunque, finendo per solleticare, tra prosciutti, cotechini e quarti di manzo, assai di più i bassi istinti alimentari di quanto pretenda di fare con quelli ormonali.

 

 

Il risultato è un confuso e delirante itinerario narrativo dove l'esile filo conduttore di una detection delle pulsioni e delle passioni dei protagonisti si incrocia con quella appena più concreta su di un fatto di cronaca nera in cui la vittima sembra avere esattamente quello che si meritava (lei tra l'altro fa pure la pipì sul cadavere, il che non guasta mai!) e dove la dialettica tra l'apparente inerzia di un investigatore svuotato e svogliato (si fa pure taccheggiare ironicamente la valigetta alla stazione della metro) e la girandola di concupiscenze da retrobottega sembra produrre, come unico effetto di rilievo, quella di una metempsicosi cinematografica che assomiglia più ad una (giusta) nemesi da tragedia greca (vedere per credere 'L'elemento del crimine' - 1984; non me ne voglia il buon Lars) che la credibile rivalsa di un personaggio (il solito commissario irresoluto) in cerca di una parte in commedia.

 

Vlees (2010): Nellie Benner e Titus Mujzeelar

 

L'elemento del crimine (1984): Locandina

 

Laddove la Benner di 'Crepuscule' aveva miseramente fallito (si dirà che le è mancata la forza di premere il grilletto) il Mujzeelar di 'Vlees' riesce benissimo, liberandoci, bontà sua, dal tormento di dover scoprire a tutti i costi chi abbia sgozzato il 'maiale' col grembiule bianco. Come si dice: chi è causa del suo mal, pianga se stesso! Imbarazzante.

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