Regia di Richard Brooks vedi scheda film
Siamo nei '70 e fortunatamente i western non sono più quelli di una volta. Sono maturi, disillusi, cattivi, provocatori, critici, ribelli, feroci, violenti ed estremi. Il Film di Brooks, pur senza essere violento, è uno di questi. L'atipicità generale dei western made in '70 è riconoscibile anche in questa gara masochista dove deve primeggiare la forza e la potenza individuale, specchio di una nazione forte che non ne vuole sapere di perdere (giusto per ricordarci di Patton/George C. Scott). Come in Fulci anche in "Bite the Bullet!" il western incontra il road movie, toccando ambienti diversi, situazioni diverse, registri diversi, e considerazioni sempre nuove, in movimento, in divenire, com'è sacro per l'on-the-road. Fondamentale la battuta di Gene Hackman, sempre immenso e inarrivabile, quando dice di non sentirsi americano perchè non vuole essere sempre il primo, il vincitore, il campione. Ha negli occhi lo smacco di una missione militare suicida a San Juan, a Cuba, che gli costò la vita dell'unica donna che amava. Ma nonostante l'amarezza e l'aridità delle loro vite, tutti i partecipanti, viaggiano esteticamente nel West, ma idealmente in loro stessi. Si confrontano con il paesaggio, che a tratti li rispecchia. Si incontrano, si lasciano, e si riprendono, stravolgendo il mito del "più forte a tutti i costi". Anche con un finale semi-accomodante, il film di Brooks punta il dito su quei meccanismi invisibili che portano un uomo ad amare il suo amico, coltivando in segreto una tenerezza femminile che tarda ad arrivare, o che proprio non arriverà mai. Come non commuoversi davanti agli occhi di Gene Hackman, che custodiscono il mondo intero. Come non provare invidia per quei pistoleri nel bel mezzo di quel deserto insidioso quanto affascinante e libero? Come?
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