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Anomalisa

Regia di Duke Johnson, Charlie Kaufman vedi scheda film

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La recensione su Anomalisa

di rflannery
6 stelle

Film bizzarro sin dal titolo, a tratti ermetico e anche oscuro, co-diretto e scritto da Charlie Kaufman, autore di una delle più belle storie d’amore degli ultimi anni (ogni volta che ci tocca scriverne, ci viene il cimurro a citare un titolo così folle: quel Se mi lasci ti cancello, traduzione dell’intraducibile Eternal Sunshine of the Spotless Mind). Kaufman è un tipo estroso e originale: ha conosciuto la notorietà sceneggiando un film che dire bizzarro è poco come Essere John Malkovich e scritto un altro gran film sulla scrittura come Adaptation – Il ladro di orchidee per poi dirigere un film complicato e cerebrale come Synecdoche, New York.
Con Anomalisa siamo davanti a un nuovo lavoro assai originale: realizzato con un budget risicato e raccolto in rete attraverso la piattaforma KickStarter, è tecnicamente un film d’animazione realizzato in stop-motion (ma i bambini si astengano: c’è anche un terribile nudo integrale e una scena di sesso esplicito), in realtà è una riflessione metaforica ed esistenziale tipica di Kaufman. Michael Stone è un uomo di mezza età che finisce a Cincinnati per tenere una conferenza: incontra strani personaggi (a cui presta voce in originale un unico attore, Tom Noonan), vive situazioni al limite del paradosso (di cui una divertente assai, quella in cui finisce per un equivoco in un sexy shop per comoda e un regalo al figlio). Tutto è grigio e uguale a se stesso: pura routine. I corridoi lunghissimi degli hotel, la camera fredda e asettica dell’albergo, le facce tutte uguali.
Ecco, con una bella idea Kaufman – che anima i suoi pochi personaggi in stop-motion (peraltro non memorabile da un punto di vista tecnico – si immagina che tutte le figure in gioco abbiano letteralmente la stessa faccia. Così, sai la sorpresa quando al protagonista capita di incontrare Lisa, una donna diversa da tutti, sincera, vera, un’anomalia. Meglio, un’“anomalisa” di un sistema che sembra aver annichilito l’uomo, ridotto a gesti meccanici, parole di circostanza, mansioni di cui occuparsi. Bell’intuizione che si accompagna a una narrazione un po’ monocorde in cui si alternano più registri: melodramma, commedia arguta, dramma esistenziale, racconto dell’assurdo.
Il film ha almeno un paio di momenti forti: la sequenza, intensa e poetica, in cui Lisa canta “Girls Just Want Have a Fun” di Cindy Lauper e in generale appare centrato il trattamento della sua storia con il protagonista. Altre cose convincono di meno: un’essenzialità della messa in scena che non nasconde una certa povertà nella definizione dei personaggi di contorno, alcune scene di dubbio gusto (il realismo straniante della scena d’amore dei due protagonisti, un nudo evitabile) e l’impressione di trovarsi di fronte a un esercizio di stile e a uno sperimentalismo che rischia di far passare in secondo piano la sincerità di fondo dell’operazione.

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