Regia di Giorgos Lanthimos vedi scheda film
The Lobster è uno dei film statunitensi più difficili del 2015. La premessa iniziale cala, ovviamente, nel grottesco. C’è il sapore di un perfido totalitarismo alla George Orwell per come uomini e donne sono sottomessi a una legge che ha dell’assurdo e per come alla fine è inevitabile una ribellione che sfocia nel drammatico. E, ancora, c’è il tema della reincarnazione, la possibilità di scegliere una bestia come occasione di tornare al mondo. Un contentino, un’umiliazione che infonde un’infinita tristezza nei personaggi che popolano la vicenda diretta dal greco Yorgos Lanthimos (premio della giuria per lui al Festival di Cannes) e sceneggiata dallo stesso Lanthimos con Efthymis Filippou. Parte assolutamente inedita quella affidata al protagonista Colin Farrell che per l’occasione si è impegnato in una trasformazione fisica a cominciare dall’ingrassare di parecchi chili. Il trucco, poi, contribuisce a renderlo perfino poco riconoscibile. Il 40enne attore irlandese si carica sulle spalle il peso di trasmettere allo spettatore la pura essenza della storia. Quindi emana una malinconia dolorosa come una depressione. Imprigionato com’è in una sorta di casa di riposo per ‘falliti’ sentimentali, non ha altra scelta che ribellarsi al potere e, soprattutto, alla sua debolezza. Pena, trasformarsi in un’aragosta (the lobster, appunto), come da lui scelto all’inizio del racconto. Al suo fianco una bellissima e sempre brava Rachel Weisz la cui presenza nella pellicola è limitata all’ultima parte in cui la storia accelera per avviarsi alla crisi finale. Efficace, per quanto è inquietante, la britannica Olivia Colman nei panni della direttrice dell’albergo degli ‘sfigati’. Lento, soprattutto nella prima parte, ma interessante. Voto 6,5.
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