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Sono nato, ma...

Regia di Yasujiro Ozu vedi scheda film

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La recensione su Sono nato, ma...

di Utente rimosso (cinerubik)
8 stelle

Ottima pellicola giapponese (in bianco e nero) datata 1932, realizzata dall'innovativo Yasujiro Ozu e "sopravvissuta" ai numerosi bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, che hanno reso irreperibile gran parte delle sue opere. "Sono nato ma..." è un film muto che ho potuto ammirare nella versione originale restaurata con dialoghi scanditi da ideogrammi sottotitolati e accompagnato in maniera ritmica (e un tantino monocorde) da alcuni riff di pianoforte.

Il tema centrale del film è, quasi una costante nei film di Ozu, il rapporto tra cultura, potere e quotidianità in una società sempre più "aziendale" dove le gerarchie e il servilismo condizionano il comportamento.

 

Si racconta di due fratelli in età scolastica, costretti a subire atti di bullismo da alcuni coetanei, che finiscono con lo stringere amicizia con il figlio del datore di lavoro del padre, da loro creduto molto importante. Scopriranno presto che il mondo del lavoro e le necessità economiche spingono verso "regole" non scritte e che esiste un gioco di "maschere" e ruoli ad alimentare il "sistema" famiglia in funzione dello stipendio; che ci si piega per non spezzarsi e per consentire ai figli un futuro migliore. Un bel viaggio all'interno di una famiglia patriarcale nella società giapponese dell'epoca. La grande espressività degli attori coinvolge e diverte. Gli ammiccamenti tra i due fratelli sono eloquenti e raggiungono lo scopo. Bravi gli altri interpreti e i bambini, tutti maschi, il che la dice lunga sul ruolo della donna, laddove si vuole descrivere la società, in quel contesto. Gli unici ruoli femminili sono per la moglie del datore di lavoro e la madre dei due bambini, sempre china e intenta a cucinare o rammendare ma (nel corso degli eventi) dal grande peso morale. Leggendo anche solo poche note biografiche su Ozu, traspare già dall'infanzia il suo amore per il cinema, inizialmente influenzato dal muto statunitense (Chaplin e lo slapstick in particolare) e malgrado la sua espressività artistica tocchi l'apice con "VIAGGIO A TOKYO", i suoi lungometraggi restano un'inestimabile testimonianza dell'arte cinematografica nipponica dell'anteguerra.

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