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Le quattro giornate di Napoli

Regia di Nanni Loy vedi scheda film

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La recensione su Le quattro giornate di Napoli

di Baliverna
8 stelle

Napoli non accetta il piede tedesco sopra il cuore, e si lancia in un'inarrestabile rivolta popolare.

E' un'appassionante ricostruzione, tra il genere guerra e il documentario, dei 4 tragici e gloriosi giorni dell'occupazione tedesca di Napoli. Loy - che forse firma il suo film migliore - sembra che abbia un'occhio a "Salvatore Giuliano", ma i due film sono usciti lo stesso anno e bisognerebbe sapere esattamente quando per affermarlo. In ogni caso è un film corale e collettivo, che guarda alla storia e al popolo, ma anche ai singoli individui che presero parte agli eventi. A questo proposito va rilevato come la pellicola dipinga con pochi ed efficaci tratti una serie di personaggi colti nella loro umanità, nobile o meschina che sia, e anche nel loro passato. Si pensi alla donna che ha sposato un uomo per interesse a scapito di quello che amava intepretata da Lea Massari, o alla vedova con tre figli che cerca di sistemarli a casa di conoscenti o di persone generose, o al fascista vigliacco con sua moglie, a vari opportunisti e "io-non-voglio-grane", al reduce strappato da casa dai tedeschi poco dopo il suo ritorno, o ancora al pacifico marinaio (Jean Sorel) giustiziato dagli occupanti a puro scopo intimidatorio. Quelli che mi hanno colpito di più, però, sono Aiello e il direttore del riformatorio. Il ragazzo le avrà combinate grosse per finire là dentro, ma sotto la scorza ribelle ha un animo nobile capace di grandi gesti, come pure di affezionarsi al direttore che quasi funge da quel padre che forse non ha avuto. Il direttore, dal canto suo, ama quei ragazzi anche se a volte poteva sembrare loro un aguzzino o un tiranno.
Alcuni momenti sono memorabili: il muso duro che punta la pistola all'ignaro marinaio che beve alla fontanella, lo sterminio dei fuggiaschi sulla barca, la costruzione delle barricate, e l'inizio stesso della rivolta, con un cheto cesto di armi che si cala dal nulla sopra dei condannati a morte.
Quanto a Volontè, pure premiato dal Nastro d'Argento, l'attore dà un'interpretazione appassionata, ma il suo personaggio secondo me è forse l'unico che manca di concretezza e di qualche tratto significativo.
Il messaggio del film sembra essere che Napoli riuscì a cacciare i tedeschi perché tutto il popolo o quasi combattè unito, con coraggio e inventiva, e con solidarietà reciproca. La ribellione di fronte alla prepotenza dell'invasore era non solo lecita ma doverosa, e altre città avrebbero dovuto seguire l'esempio di Napoli.
La sceneggiatura fu scritta a quattro mani, ma questa volta non ho ravvisato un collage di istanze diverse (come spesso accade in simili situazioni), ma un buon amalgama creativo con condivisione d'intenti. Pasquale Festa Campanile sembra essere la penna principale: a questo punto viene da chiedersi perché si sarebbe ostinato a dirigere un profluvio di commedie di piccolo cabotaggio quando evidentemente aveva la vocazione non di regista ma di sceneggiatore drammatico.
Un film non perfetto ma appasionante, che colpisce lo spettatore e che riporta alla luce una dolorosa e gloriosa pagina della storia di Napoli e dell'Italia.

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