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Prova d'orchestra

Regia di Federico Fellini vedi scheda film

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FABIO1971

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La recensione su Prova d'orchestra

di FABIO1971
8 stelle

Fellini, ispirato da uno sciopero delle maestranze di Cinecittà, iniziò ad occuparsi della lavorazione di Prova d'orchestra nei primi mesi del 1978, dopo aver abbandonato il progetto di un film ad episodi insieme ad Ingmar Bergman e Luis Buñuel. Le riprese, finanziate dalla Rai, iniziarono il 22 maggio a Cinecittà e si protrassero, con un budget ridotto (350 milioni di lire), per quasi un mese: erano, quelli del 1978, i giorni bui del sequestro Moro (il 9 maggio venne rinvenuto in via Caetani il cadavere dell'onorevole democristiano), dell'inasprimento della lotta al terrorismo, del fallimento della lotta di classe e di una nuova, spietata minaccia (sempre il 9 maggio, infatti, la mafia assassinava Peppino Impastato), dell'inflazione galoppante, dell'abrogazione della penalizzazione dell'aborto (proprio il 22 maggio), delle dimissioni del presidente Leone, del "riflusso", della nuova legge sui pentiti, delle febbri del sabato sera, della morte di Paolo VI, della nomina di papa Luciani, della sua morte misteriosa dopo soli 33 giorni di pontificato e dell'arrivo di Karol Wojtyla, della legge Basaglia sui manicomi, di Luciano Lama che chiede sacrifici ai lavoratori. È un'Italia ferita, lacerata da crisi economiche e sociali, che Andreotti (anche in questo caso misteriosamente) era riuscito a traghettare ugualmente nel Sistema Monetario Europeo, un'Italia comunque sofferente, sprofondata nel buio della ragione, ma che avrebbe voluto lo stesso andare avanti, ripartire, ricostruirsi sopra le macerie. Prova d'orchestra ne esplora in cuor di metafora, sotto forma di apologo allegorico, proprio queste istanze di rinascita: ma c'è qualcuno a cui proporle, e, soprattutto, in grado di ascoltarle e comprenderle? Fellini avvolge la magmatica e ribollente materia inscrivendola in una lucida disamina sulla fatica della creazione artistica, tra guizzi satirici e visionarietà d'ispirazione (il metronomo gigante, l'immensa palla di ferro del finale), imbastendo all'interno di una chiesa sconsacrata le prove di un'orchestra, riprese da una troupe televisiva: è lo stesso Fellini, fuori campo, ad intervistare gli orchestrali, che, dopo un leggero imbarazzo iniziale, si prestano al gioco trasformando le loro risposte in deliranti confessioni delle proprie intime sofferenze di artisti, lasciando emergere le frustazioni e i rancori sopiti dal tempo. Quando salta la corrente e il direttore d'orchestra, già infastidito dallo scarso impegno, propone di continuare le prove al buio, i musicisti si ribellano e devastano la chiesa, finchè un'enorme palla di ferro la demolirà del tutto. Ma sotto la polvere delle macerie, finalmente, il direttore riesce a far eseguire il concerto, salvo poi tornare, apostrofandoli in tedesco, ad essere spietato ed autoritario con i musicisti. "Apologo etico", lo definì lo stesso regista, meravigliandosi della sorte toccata al film: l'anteprima, infatti, avvenne il 19 ottobre 1978 al Quirinale. Spettatori non paganti Sandro Pertini, Giulio Andreotti, Pietro Ingrao (oltre al presidente della Rai Paolo Grassi), venuti a sincerarsi se proprio da un Maestro del cinema stesse arrivando un ulteriore attacco alle istituzioni: rincuorati e per nulla turbati dalla visione, permisero al film di uscire nelle sale a febbraio del 1979 e di essere trasmesso in tv a dicembre dello stesso anno. "Ma che interessa tanto lei in prova musicale? Questa è come officina, almeno dovrebbe essere come officina, dove noi proviamo di fare qualcosa. Sì, proviamo: che cosa noi proviamo di fare, adesso, eh? Noi cerchiamo di costruire una cosa: che cosa è e per quale cosa serva, io mai capito".

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