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Il prigioniero della miniera

Regia di Henry Hathaway vedi scheda film

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La recensione su Il prigioniero della miniera

di munnyedwards
6 stelle

 

Tre avventurieri in cerca di fortuna e di oro, sbarcano nell’assonnato villaggio messicano di Porto Miguel, il battello che li stava trasportando ha avuto un piccolo guasto e quindi dovranno attendere in questo buco di paese prima di riprendere il loro viaggio.

Ma quella che sembra una vera disfatta si trasforma di colpo in una grande opportunità, un'affannata (e disperata) donna americana si presenta a loro e gli offre duemila dollari a testa per aiutarla a salvare la vita di suo marito, rimasto sepolto dal crollo di una miniera, guarda il caso benevolo, proprio una miniera d’oro.

I tre non ci pensano troppo e con l’aiuto di un messicano del luogo seguono la bella e volitiva donna (una raggiante Susan Hayward) nel lungo viaggio che si prospetta da subito non facile, i luoghi sono impervi, le piste non sicure e in più frequentate da bellicosi indiani Apache che considerano la zona sacra (a causa di un vulcano), ma si può rinunciare ad un colpo di fortuna del genere?

 

 

Western decisamente anomalo questo diretto dal sempre efficace Henry Hathaway nel ’54, nella prima parte (quella del viaggio), il plot firmato Frank Fenton si concentra sui personaggi delineando un quadro di avidità e opportunismo che non risparmia nemmeno la donna, pronta a cancellare di nascosto le tracce lasciate dal messicano lungo la pista per salvaguardare l’ubicazione della miniera, è evidente che non ci sono buoni samaritani nel gruppo, ma che per tutti l’obiettivo primario resta il prezioso giacimento e il suo carico d’oro.

Hathaway lavora bene sulle figure in scena, la sua è una descrizione che rimanda al cinema di Mann presentando psicologie in contrasto pronte a tutto pur di ottenere lo scopo prefissato, il cast del resto è ottimo e quando puoi contare su due big come Gary Cooper e Richard Widmark tutto è chiaramente più facile.

 

 

La parte iniziale del film, quella del viaggio e dello studio dei personaggi, lascia presagire una sviluppo della storia ancora più interessante, che invece un po’ a sorpresa viene in parte “castrato” nella seconda frazione, dove si vira in modo eccessivo nei territori del melodramma sconfessando in parte le premesse iniziali.

Il prigioniero della miniera (Garden of Evil, titolo originale decisamente più centrato) si proponeva come un atipico western che puntava ad evidenziare la bassezza dell’uomo davanti alla possibilità di un facile arricchimento, l’oro era il perno sul quale ruotava la storia e gli interessi dei quattro avventurieri, del resto per quale motivo degli sconosciuti in cerca di fortuna dovrebbero seguire una donna (per quanto bella e volitiva) in un rischioso viaggio se non per la miniera d’oro e l’opportunità di saccheggiarla liberamente?

 

 

E invece nella seconda parte scopriamo che il potere, quasi un influsso magico, della bella Susan Hayward sarà più forte del richiamo dell’oro, solo uno dei quattro resterà fedele al fascino della preziosa pietra e infatti sarà il primo a perire, gli altri inspiegabilmente verranno sopraffatti dal carisma della donna, tanto da rischiare la propria pelle per salvarla da morte certa, un gesto di sicuro nobile ma che stona decisamente con quanto premesso in precedenza.

Hathaway si rifà comunque con un ottima parte finale, che vede finalmente entrare in campo gli indiani Apache che danno l’opportunità al regista di girare una concitata sequenza di attacco e inseguimento presentata su uno splendido scenario a strapiombo, alla fine quasi tutti i personaggi pagheranno il loro prezzo all’avidità e al facile sentimentalismo, una soluzione che ho trovato non proprio ottimale.

 

Picture

 

Buonissime comunque le prove degli attori, Gary Cooper sempre granitico ed efficace, Widmark ci presenta un giocatore di carte simpatico e un po’ filosofo, la Hayward come già detto tiene alla grande il passo dei due mostri sacri, di contorno ma fondamentali le prove di Hugh Marlowe (che interpreta il più viscido dei protagonisti) e del messicano Victor Manuel Mendoza.

In definitiva un dignitoso western che a mio avviso paga troppo l’ambivalenza stonata della tematica (melodramma/avidità) ma che si rifà con un ottima regia e con delle buonissime prove attoriali.

Voto: 7

 

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