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La prigioniera

Regia di Henri-Georges Clouzot, Robert Ménégoz vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su La prigioniera

di alan smithee
7 stelle

H-G. CLOUZOT

L’incontro tra Stan, un organizzatore di mostre molto curato ed affascinante, e l’altrettanto bella e seducente José, avviene quando il marito di quest’ultima, uno scultore un po’ rozzo, la presenta a colui che lo sta rendendo celebre, accettando nei suoi eventi culturali le sue creazioni.

Tra i due nasce una attrazione che la particolare predisposizione di lui ad accumulare oggetti strani e stravaganti in casa, e la curiosità di lei a venire incontro alle manie voyeuristiche di lui, finisce per cementare oltre il lecito ed i limiti di prudenza.

Diverranno infatti amanti, gettando nello sconforto il marito di lei, e concedendosi a fantasie voyeuristiche attraverso sedute e riprese a cui la bella donna accetta alla fine di sottoporsi, da sola od in compagnia di altre modelle amiche del noto gallerista e coltivatore di talenti.

Al suo ultimo film, Henri-Georges Clouzot passa al colore, vivo e spregiudicato, e si giostra con una certa ironia - senza rinunciare al tocco crudele, anzi sadico che spesso ha saputo valorizzarlo e distinguerlo come uno dei massimi autori francesi della suspence - addentro al mondo spregiudicato e senza pudore dell’arte moderna più sfrontata e fine a se stessa, con un thriller psicologico improntato a denunciare la disgregazione di un caposaldo tradizionale e rassicurante come la famiglia, approdo affidabile per un futuro magari senza sobbalzi, ma ricco di solidità ed affetti certi, palpabili, in favore di un’mondo avveniristico proposto da una produzione artistica che acuisce, nella sua eccentricità spesso molto fine a se stessa, la malizia di voler dedicarsi a nuove, inedite, proibite, ma magari assai più appaganti forme di sperimentazione dei sensi che vadano al di là dei soliti amori ed affetti ormai senza sorpresa.

Un Clouzot assai erotico, che da autore di carattere anche in precedenza non si è mai tirato indietro di fronte alla rappresentazione dell’attrazione della femmina sulle capacità razionali dell’uomo pianificatore, e che tuttavia in questo film pare riprendersi il ruolo del burattinaio, in grado di gestire e guidare in un percorso senza ritorno la sua preda ammirata ed amata sino alle estreme, impudiche conseguenze.

Un altro film coraggioso, sicuramente in anticipo coi tempi, probabilmente in grado a fine anni Sessanta di risultare oltraggioso e in qualche modo “pornografico”.

Ottimi sia Laurent Terzieff, fascinoso e inquietante assieme, sia il suo contraltare, la rossa e fine Elisabeth Wiener, bellezza pura attratta dalla contaminazione che la sfrontatezza dell’arte che la circonda riesce a richiamare, come una tentazione da peccato originale.

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