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The Host

Regia di Andrew Niccol vedi scheda film

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La recensione su The Host

di alan smithee
4 stelle

Il film di Andrew Niccol purtroppo (o per fortuna) non ha nulla a che spartire con l'omonimo capolavoro coreano di Bong Joon-ho di circa sette anni orsono. Ma ha molto, troppo a che fare con la letteratura (che esagerazione!) furba ed ammiccante di quella volpe della Stephanie Meyer, che lasciata una saga se ne inventa (altra parola grossa!) subito un'altra per non perdere colpi (e quattrini). O meglio ne plasma una nuova utilizzando la stessa astuta ricetta ruffiana e acchiappa teenagers collaudata con straordinario successo (letterario e cinematografico) tramite gli agghiaccianti Twilight di questi ultimi anni. E se tuttavia, bisogna pur ammetterlo, l'aver scelto questa furbata come ulteriore passo di una carriera da regista inizialmente promettente, costituisce per l'ormai deludente cineasta Niccol un passo coerente con la quasi totalità delle pellicole che hanno preceduto quest'ultima (una fantascienza prossima a noi ed inquietante, dove le libertà individuali sono messe a dura prova da regimi autoritari che ricordano le peggiori dittature della nostra storia), certo è che questo The Host risulta davvero indigesto, imbarazzante per sentimentalismo ruffiano e facilone, e scopiazzato oltretutto pedestremente dalla già accennata micidiale saga vampiresca nelle dinamiche di una storia magari anche interessante in bozza, ma che si sbriciola in smancerie mielose da soap con la solita bella e diafana protagonista divisa e combattuta dall'amore dei due baldi maschi concorrenti. Qui per fortuna non ci sono né vampiri nè tantomeno lupi, ma in compenso il fulcro della vicenda è contenuto in uno sdoppiamento di personalità dovuto al fatto che la razza umana è stata soppiantata, nella mente ma non nel corpo, da esseri alieni (pacifici, ordinati, precisi...e quindi in fondo molto meglio di noi stupidi esseri prepotenti ed imperfetti) che ne hanno assimilato la fisicità. Una piccola minoranza di rivoltosi resiste strenuamente a questa forzata ingerenza, ma quando la giovane dinamica Melanie viene catturata e trasformata nel nuovo essere alieno (la differenza la si recepisce dalla fosforescenza delle iridi degli intrusi), la nuova abitante del suo corpo, nominata Wanderer dagli alieni e poi Wanda dai terrestri, riesce a stabilire un contatto con la precedente abitante del corpo interagendo assieme per salvare i superstiti terrestri dalla completa estinzione.
Al di là della considerazione a mio giudizio plausibile che forse se arrivase la razza aliena che ci trasforma tutti in persone brave, educate e quiete che vivono in pace nel rispetto reciproco e del mondo corcostante, forse non ci sarebbe così da fare gli orgogliosi a resistere, ma anzi dovremmo invitarli a far presto a fagocitarci prima che distruggiamo tutto quanto resta di buono al mondo - il problema del film è quello di perdersi, come già dicevo, in sentimentalismi stucchevoli e nauseanti, tra una voce della coscienza (quella di Melanie) che parla tutto il tempo e ribatte a quella di Wanda, con un duetto amoroso che coinvolge ed antepone i due baldi pretendenti (uno, Max Irons, è addirittura il figlio di Jeremy Irons e Sinead Cusack, venuto probabilmente ancora più bello della somma delle qualità dei genitori, ma certamente meno dotato dei due sotto l'aspetto recitativo) in situazioni davvero imbarazzanti, almeno se chi guarda la pellicola ha già oltrepassato lamicidiale frontiera "teen".
Dispiace in fondo trovarci di nuovo a parlare (maluccio) di un regista dotato come Niccol sprecato per un film furbo e sbagliato che guarda solo alla massa e a far soldi, quando di per sé potrebbe avere le caratteristiche per proseguire un discorso coerente (i pesanti e micidiali condizionamenti della mente umana con cui dovranno confrontarsi i nostri posteri) con il gran bell'esordio di Gattaca, la felice bizzarra prosecuzione di Simone, e il decisamente meno riuscito ma promettente In time.

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