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To Die Like a Man

Regia di João Pedro Rodrigues vedi scheda film

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La recensione su To Die Like a Man

di OGM
8 stelle

Morrer como um homem. Morire come un uomo. Il titolo è provocatorio, perché qui uomo non è inteso in senso figurato, ma in quello letterale, di persona di sesso maschile. Un corpo con tutti gli attributi giusti, senza nessuna modifica effettuata per scelta. Antonio, nella vita quotidiana, è Tonia, una donna bionda che si esibisce in uno spettacolo di travestiti in un locale notturno di Lisbona. Convive con Rosário, il suo costumista. Ama curare il giardino ed ha l’angoscia nel cuore. Per il suo compagno, che è fragile ed irrequieto. Per un figlio, di cui un tempo è stato il padre. Per la sua non più giovane età, che lo costringe a fare i conti, sul lavoro, con la concorrenza dell’ultimo arrivato. E per un malanno che forse presto non riuscirà più a tenere segreto. Il suo essere femminile, indossato per tanti anni con coerenza e determinazione, gli sta improvvisamente scappando di mano. Questo è forse il prezzo da pagare per aver voluto vivere la propria unicità dentro al turbinio del mondo. Dove la realtà interiore è troppo spesso stupidamente scambiata per una finzione esteriore.  Antonio non può tornare indietro, perché il suo passato, semplicemente,  non esiste più. Eppure, purtroppo, le normali difficoltà dell’esistenza stanno staccando, dalla sua pelle, quella veste che, per lui, è l’abito corrispondente alla sua effettiva identità, mentre per gli altri è solo un labile trucco di scena.  Nell’attesa che questo drammatico equivoco si risolva, il tempo, per Antonio, rimane sospeso, inframmezzato da canti che parlano dell’incomprensione di cui sono circondati i sentimenti più sinceri ed il coraggio di essere se stessi fino in fondo. La tragedia della diversità riesce ad esprimersi, in questo film, con una voce universale; ed  il dolore di doversi separare dal proprio io diventa il culmine delle tante sofferenze dell’umanità, che sono conseguenze dell’errore, della debolezza, della meschinità, dell’egoismo. Intorno a Tonia c’è chi ha ucciso, chi si droga, chi smania per il successo, chi si chiude nell’orgoglio. Ognuno contribuisce a turbare il quadro di un’armonia ideale, inesistente eppure forse realizzabile, in cui tutti potrebbero accettarsi ed essere accettati per quello che sono, senza bisogno di nascondersi. Tonia finirà per smarrirsi, perché le sue energie sono interamente impegnate a lottare contro una realtà che proprio si rifiuta di essere chiara ed onesta, e continuamente lo insidia con i suoi piccoli e grandi misteri, dalla sparizione di una ciocca di capelli posticci al ritrovamento di un cadavere che sembra piovuto dal cielo.  Sinistro è il mondo che non vuole farsi capire, che si compiace della propria imperscrutabilità come un’eccentrica signora che reciti un verso di Paul Celan. Il destino presenta il cupo ermetismo della poesia Die Krüge, in cui le brocche sono i contenitori della vita di cui noi possiamo cogliere solo qualche fuggevole goccia.  Nulla è concesso a Tonia, che perderà ciò che ha conquistato, senza ritrovare ciò che ha lasciato. Antonio morirà di una morte non sua, appartenente ad un individuo diverso da quello che era vissuto sino ad allora. Un’incoerenza inspiegabile ed ingiusta, che è forse un anticipo del grande paradosso finale: quello che, con diabolico cinismo, trascinerà tutti, un giorno, nell’immane beffa dell’apocalisse.

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