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Orfeo negro

Regia di Marcel Camus vedi scheda film

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La recensione su Orfeo negro

di ZioMaro
6 stelle

Al nascere della bossanova, un regista francese di nome Marcel Camus (nessuna parentela, neppure intellettuale, con il più famoso Albert) parte per il Brasile con in testa la musica popolare del paese per incontrare “il piccolo poeta” Vinicius de Moraes e girare un adattamento della sua opera teatrale “Orfeo de Conceiçao”. È del musicista-poeta la splendida idea di trasporre il mito dell'amore tra Orfeo e Euridice dai pascoli di Tracia alle favelas di Rio in festa, perché come ci ricorda la canzone “A felicidade” (scritta con Tom Jobim, autore della colonna sonora assieme a Luiz Bonfà), la felicità è passeggera come il Carnevale che tutti i carioca aspettano per un anno intero. Lo sguardo del regista ha però ben poco dello stile desafinado, vale a dire della naturale, anticonformista e sentita improvvisazione della musica del “maestro” Jobim: si può solo avere reminiscenze della leggenda attraverso il suo occhio convenzionale di turista, affascinato dall'esotismo e dal folclore. Il cantore che con la sua lira muoveva gli astri e incantava uomini e animali, nelle favelas si reincarna in un gaudente giovane di colore che con la chitarra fa nascere il sole e fa ballare sfrenatamente gli amici in maschera. Euridice è una bellissima ragazza che viene da lontano, perseguitata da un uomo misterioso travestito da scheletro, che impersona la Morte. La discesa agli inferi è ambientata nello scenario, che nella resa ci appare un po' prevedibile, di un tetro ospedale; Caronte è un inserviente che ci conduce da Ade, che a Rio è un santone che pratica i riti voodoo. Il grande successo dell'epoca si deve tutto a Vinicius, oggi appare piuttosto stucchevole nella regia, che manca di personalità e riesce solo a compiacersi di filmare la festa, sebbene sforzandosi nello stesso contesto di mettere in scena la tragedia, quando invece nelle canzoni di de Moraes essa è ricordo spesso ben presente. Poco utile anche come precoce celebrazione musicale, sebbene il finale che consegna il mito ai bambini sembri precorrere lo spirito malinconico e un po' infantile del grande Toquinho, il compositore di “Aquarela”, il diretto erede del piccolo poeta. Negli anni a venire la musica riuscirà a tramandare la sua poetica, laddove il cinema, almeno in quest'occasione, ci ha solo provato.

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