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De force

Regia di Frank Henry vedi scheda film

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La recensione su De force

di alan smithee
4 stelle

Cantona Vs Adjani: un bel match tra titani. Il primo immenso fisicamente, la seconda gigantesca per fama, personalita', bellezza, tenacia caratteriale. I punti forti di un polar alla Olivier Marchal (dei poveri, mi verrebbe maliziosamente da aggiungere) sono in verita' i punti deboli piu' evidenti di un film che si trascina fino ad una drammatica e affannosa conclusione, pessimista, disperata, a suo modo coraggiosa. Il commissario Clara Damico (la sempre piu' cerea e perlacea Adjani) ottiene "carta bianca" nella conduzione di una lunga e complessa indagine volta a smascherare una banda di malviventi (corsi? cosi' mi sembra di aver capito dalla versione in dvd in lingua originale senza sottotitoli acquistata in Francia) che da tempo mietono terrore e scompiglio con rapine ed attentati sanguinari. La poliziotta pensa bene di coinvolgere nell'indagine un noto gangster, Manuel Makarov, da oltre un decennio in prigione, per introdursi nelle spire della banda di malviventi. Per far cio' inscena una evasione spettacolare che renda ufficiale la fuga del celebre galeotto, in modo che questi possa mettersi in contatto con i briganti. Nel contempo la poliziotta, che ha seri problemi col figlio, sedicenne spacciatore incallito e teppistello, coinvolge il povero evaso nelle sue beghe familiari, fino ad un tragico epilogo dal quale scaturira' un ancora piu' tragica conclusione: nessun vincitore (tranne il capo dei briganti che a quanto pare riesce a fuggire), solo dolore, pessimismo e incredulita' in una forza di polizia che annaspa in soluzioni campate per aria e senza una vera logica risolutiva. Il film presenta come suo pressoche' unico fiore all'occhiello un regista debuttante che pare sia stato gangster per davvero, arrivando a scontare ben 21 anni di prigione: la sua sceneggiatura, peraltro un po' raffazzonata e condizionata da due attori cosi' difficili da gestire (tanto piu' se ci si trova da registi novelli e senza il necessario polso e la fermezza di chi ha un mestiere da insegnare, per tener testa a due caratterini come quelli dei due divi di cui sopra), comunica inevitabilmente amare riserve nei confronti di una giustizia che spesso si riduce a tentare a caso le soluzioni e vive impotente i danni di una burocrazia ed una organizzazione davvero apparentemente lasciati al caso. Tutto il resto si perde nel viso ancora perfetto da bambola russa di una Adjani che ha vinto la sfida contro il tempo che passa, ma che grazie a cio' rimane immobile in una fissita' di cera che risulta spesso imbarazzante: di nero vestita sempre allo stesso modo, la diva non si concede neanche quando la sceneggiatura prevede che, afferrata violentemente da un Cantona iroso, lei risponda baciandolo energicamente e si aggrappi alle tenaci chiappe del marcantonio in una scena di sesso solo annunciata, ma cio' nonostante piuttosto risibile: la diva infatti non si scompone e rimane clamorosamente vestita nel suo completo nero pelle; si parlava dell'importanza di un regista, di attori da dominare e coinvolgere; Frank Henry, dopo vent'anni di prigione sicuramente non facili, trova nella Adjani probabilmente la piu' carismatica e difficoltosa personalita' da cesellare a suo uso e consumo. 

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