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La parte degli angeli

Regia di Ken Loach vedi scheda film

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La recensione su La parte degli angeli

di FilmTv Rivista
8 stelle

Per chi è familiare con l’irriverente serie britannica Misfits, non suonerà nuovo

l’incipit dell’ultima fatica di Ken Loach: il giovane Robbie, scampato alla galera solo in virtù del fatto che sta per diventare papà, si ritrova condannato a espiare il suo crimine espletando il community service, ossia lavori socialmente utili, insieme a un gruppetto di gioventù variamente bruciata. Siamo a Glasgow, l’accento è dei più ruvidi e la vita pure. Con il fidato Paul Laverty, in pochi minuti Loach costruisce il ritratto nudo e crudo di un’esistenza acerba, ma già priva di sbocchi che non passino dalla criminalità e dalla sconfitta. Robbie è la feccia della società, come non esita a ricordargli il suocero a suon di botte da orbi: non ha alcuna speranza di trovarsi un lavoro rispettabile e mettere su famiglia con la sua ragazza e il bimbo appena nato. Sembrerebbe il terreno di partenza per il consueto spaccato di degrado sociale “alla Loach”, quando, repentino, il whisky inizia a scorrere e infradicia il dramma di humour, trasformandolo in quella che è probabilmente la miglior commedia dell’anno. Educato da un paterno tutore alle gioie della degustazione, anziché attaccarsi alla bottiglia Robbie sorseggia dal bicchiere, dimostrando fiuto e contagiando la sua banda di misfits (sboccati e ignoranti ma genuini al 100% come i loro interpreti, tutti o quasi non professionisti) con la passione per il malto ben lavorato. E tra i fumi del dorato nettare ecco materializzarsi una possibilità inedita per i perdenti cronici: un whisky rarissimo, purissimo, da élite d’intenditori, sta per essere bandito all’asta. Come Robin Hood improvvisati e un po’ deficienti, i ragazzi s’imbarcano nell’impresa di rubare ai ricchi (o forse, agli angeli: la “parte” del titolo è quella piccolissima percentuale di spirito che evapora dalle botti durante la stagionatura) per dare a se stessi la chance di una vita migliore. Heist movie esilarante, aperto ai pazzeschi paesaggi delle Highlands e a fiumi di vigorose parolacce altrettanto scozzesi, la fiaba etilica di Loach traccia il suo percorso per la redenzione passando per il crimine (dis)organizzato. Racconta degli ultimi che non si arrendono, e anziché abbassare la testa, alzano il kilt.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 50 del 2012

Autore: Ilaria Feole

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