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Woman

Regia di Lucky McKee vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Woman

di ed wood
7 stelle

Ancora luci ed ombre nel cinema "indie-horror" di Lucky McKee. Non solo in senso fotografico, visti i consueti sbalzi, quasi lynchiani, fra la solarità falsa dell'America di provincia e le tenebre di loculi e scantinati dove risiede l'anima nera dell'homo americanus, ma anche, purtroppo, in senso qualitativo, visto che alle pregevoli felici intuizioni, si accompagnano difetti cronici di regia (oltre che qualche ellisse di troppo nella costruzione drammaturgica). In particolare, si evidenziano, come in "May" e "Sick Girl", troppe sottolineature, troppa enfasi su alcuni aspetti del copione, interventi registici che paradossalmente non aiutano a snodare uno script ambiguo. McKee continua a giocare la carta dell'ironia e della sdrammatizzazione, allentando il crescendo emotivo; non riesce tuttavia a conferire una piena valenza poetica a quel tono di grottesco divertito che pare oramai la sua cifra stilistica prediletta. Debole anche nella direzione degli attori, costretti a recitare come fossero ipnotizzati (scelta radicale, simbolica, quasi da espressionismo tedesco, ma davvero troppo forzata e semplicistica, a significare lo stato di vittime di un padre-padrone).; e pessimo nella scelta di alcuni di essi (non di certo la sempre eccezionale Angela Bettis). Come sempre, per McKee, l'horror è un mero pretesto per trattare tematiche di rilievo esistenziale: la solitudine e l'amicizia in "May", la maternità e la femminilità, intersecate alla "bestialità" in "Sick Girl", tema ripreso e sviluppato anche in "The Woman". Film ambizioso, con scoperti intenti metaforici non del tutto riusciti, che si coagulano in una forma-apologo spuria, ibrida, indecisa, dove emerge (specie nel finale) un richiamo alla poetica di Marco Ferreri, con la donna-animale che sopravvive all'uomo, portavoce di una civiltà in estinzione, autodistrutta a forza di violenza, prevaricazione, arroganza: la società patriarcale, edificata dal maschio per il maschio. Tra i tanti punti irrisolti di questo film che comunque mi sento di consigliare (4 stelle di incoraggiamento), e qui coinvolgo in particolare l'utente Bradipo, c'è una cosa mi ha lasciato particolarmente perplesso: perchè la sceneggiatura riserva quella macabra fine al personaggio della Bettis, che di fatto ha sbloccato l'empasse, innescando l'escalation che ha portato alla massacro risolutivo? Agnello sacrificale? O portavoce comunque di un'idea superata di femmina sottomessa?

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