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La chiave di Sara

Regia di Gilles Paquet-Brenner vedi scheda film

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La recensione su La chiave di Sara

di supadany
6 stelle

Forse è inutile stare a rivangare l’importanza storica della memoria (nel senso che il concetto dovrebbe essere assodato, non per altro), ma in tal senso il film vi riesce bene per quanto la stessa impostazione in continuo allungo tra passato e presente renda il racconto un po’ troppo frammentario.

16 luglio 1942, come tanti ebrei parigini la piccola Sara viene condotta al Velodromo d’Hiver in attesa di destinazione ulteriore e fin da subito la sua missione è quella di fuggire per andare a liberare il fratellino che ha chiuso nell’armadio al momento dell’arresto.

Ai giorni nostri la giornalista Julia (Kristin Scott Thomas) conduce un reportage su quei drammatici giorni e scoprendo la sua storia decide di cercare di capire cosa è successo a Sara dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale possibilmente per conoscerla di persona.

 

 

Il film di Gilles Paquet Brenner paga pegno soprattutto perché si infila in un filone ricchissimo (e di grandi film) partendo da un evento drammatico affrontato altrove in maniera approfondita (“Vento di primavera”, 2010) e soprattutto perché l’equilibrio tra passato e presente era già di difficile approccio, ma poi nei fatti forse le cose vanno anche peggio.

Soprattutto nella seconda parte, con le ricerche del presente sempre più incessanti da parte di Julia, si registra una precipitosità eccessiva nel legare i vari incontri (praticamente la protagonista da un minuto all’altro passa dagli States a Firenze e così via), per quanto l’emozione che alcuni degli stessi provocano sia evidente.

Così è sempre il passato a farla da padrone, impossibile non sentirsi scossi dalla ferrea volontà della piccola Sara (e la giovanissima Melusine Mayance “buca” l’obiettivo), mentre Kristin Scott Thomas regge per partecipazione la parte restante più debole (va da se che si tratta in ogni caso di un altro personaggio in lotta).

Un’opera che pareva difficile da realizzare mantenendo sempre alto l’interesse e così è poi a tutti gli effetti, rimane un film con un certo peso specifico anche perché comunque vero portatore dell’importanza del non dimenticare (che poi porta altri, vedi il personaggio interpretato da Aidan Quinn, a conoscere fatti inediti), però certo disequilibri appaiono troppo eclatanti per soprassedere del tutto.

Disomogeneo.  

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