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La chiave di Sara

Regia di Gilles Paquet-Brenner vedi scheda film

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La recensione su La chiave di Sara

di LAMPUR
4 stelle

Il pretesto, romanzatissimo, nasce da un episodio vero e cruento nella Parigi del luglio '42, col rastrellamento di ebrei da parte della polizia francese e successivo internamento nel Vel d'Hiv, il velodromo cittadino.

Le diverse tematiche sviscerate vanno dal rifiuto del passato alla somatizzazione delle atrocità, peccato che gli spunti di riflessione vengano cavalcati  da una messa in scena sempre al limite del (in)verosimile.

Sara, la bambina della quale seguiremo le vicende, verrà inseguita da Julia, giornalista americana la cui vita presente s'intreccerà indissolubilmente con le oscure vicende della bimba e della sua precaria fuga dalla guerra.

Un melodramma che prende avvio quindi da un episodio reale e vergognoso ma approfitta del medesimo per inscenare una tortuosa cronistoria che, in parallelo temporale, snoda una serie di vicissitudini che chiedono veramente troppo a quella che, tornata di moda dopo due secoli, amiamo definire la “sospensione dell’incredulità”, una “fede poetica” alimentata, almeno in questo caso, dalla profonda commozione generata dalla tragica causa scatenante, e che comporta una sorta di automatica indulgenza da parte dello spettatore (me compreso) anche in presenza di sviluppi particolarmente stravaganti.

Lungi dal definirlo disonesta come operazione, a mente fredda però, la considero quantomeno azzardata e sicuramente di una furbizia (o è solo imperizia narrativa?) che infastidisce.

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