Regia di Jean-Pierre Améris vedi scheda film
Se le facce al cinema (come credo) hanno un peso ed un valore, il valore di questo film sta soprattutto nei volti di Benoît Poelvoorde e Isabelle Carré, negli sguardi in fuga delle orbite ravvicinate del primo, e nei denti quadrati del sorriso timido della seconda. Il cioccolato torna ad essere, al cinema, di nuovo metafora (ma non è il caso di stracciarsi le vesti per la poca fantasia, anche Mozart suonava sempre le stesse cose….), questa volta ancor più incisiva se il cioccolato non è semplicemente il surrogato dell’affetto, ma è l’inconsapevole strategia terapeutica di una liberazione. E se la goffaggine di Angèlique e Jeanne-Rène è il sale per la ricetta del divertimento (per chi come me si è divertito in sala…), questa buffa (nel senso più nobile) storia d’amore è condita di ottimi ingredienti: un’eccellente regia, il giusto ritmo nella narrazione, una sceneggiatura che sa volare basso, cioè ad altezza d’uomo, e per questo finisce per eccellere in empatia e simpatia. E, perché no, commozione, come nella scena in cui Jeanne-Rene canta sul palco “Oci Ciornie” per la sua amata, in barba ad ogni timidezza, e col gusto improvviso di riuscire ad uccidere la follia con la follia stessa, evento non estraneo agli emotivi cronici…. Una gradevole commedia (ma favola andrebbe bene lo stesso), un bellissimo finale panoramico dove due solitudini in abito nuziale corrono libere in una sorta di terra-di-nessuno, dove dal niente tutto si ritrova, e una volta per tutte. Meglio di Walt Disney, decisamente.
Allèz le voir.
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