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At the End of the Day - Un giorno senza fine

Regia di Cosimo Alemà vedi scheda film

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La recensione su At the End of the Day - Un giorno senza fine

di maghella
8 stelle

Un horror classico e anomalo allo stesso tempo questo primo lungometraggio di Cosimo Alemà.
Classico perché riprende i canoni classici del classico horror all'americana, con tanto di torture e inseguimenti.
Anomalo perché riesce a tralasciare tutti quegli elementi classici dell'horror classico americano.
Cercherò di spiegarmi meglio accennando alla trama del film.

Due sorelle (Lara e Monica) si ritrovano dopo del tempo, prima di lasciarsi e ritornare alle loro vite distanti, decidono di unirsi a cinque amici per fare il softair, la simulazione della guerra, un gioco di azione con finti fucili che sembrano veri ma che sparano palline con vernice colorata.
I sette amici raggiungono un bosco isolato, qui cominciano a giocare, ma presto Monica, una delle due sorelle, sparisce. Ci sono tre uomini estranei che partecipano al gioco della guerra senza essere stati invitati, con regole nuove e più pericolose: armi vere che uccidono.

La storia è ambientata nel 1992, questo spiega l'assenza di telefoni cellulari, e da una scritta che appare all'inizio del film la storia è ispirata a fatti realmente accaduti (quanto adoro queste premesse nei film, solitamente negli horror sono infondate).

Presto i ragazzi cadono uno a uno, come da copione classico, sotto i tiri e le imboscate dei più esperti “soldati”, che sembrano in perenne guerra, appartenenti ad un non ben precisato “commando”.

Fino a qui il film è e rimane un “classico”, cosa lo rende quindi anomalo? Il fattore sorpresa e il pathos che il regista riesce a costruire con le riprese, quelle di azione soprattutto.
Nonostante certi film siano prevedibili, per non dire scontati, nonostante il regista stesso (che è anche uno degli sceneggiatori insieme a Romana Maggiolaro e Daniele Persica) ci preannuncia cosa accadrà mostrandoci alcune scene premonitrici, si rimane stupiti di quello che accade.

Nella prima parte del film, quando tutti sono ancora vivi, si respira il senso di angoscia di chi si ritrova in una situazione inaspettata e pericolosa. La tensione che si viene a creare tra gli amici viene trasmessa anche a chi vede il film, si crea uno stato claustrofobico anche se tutto il film è ambientato in un immenso bosco. In alcuni momenti il regista sceglie l'utilizzo della soggettiva per seguire i sette malcapitati, così lo spettatore diventa anche lui uno dei carnefici.

“Quando l'uomo ha paura, tira fuori doti inaspettate” dirà uno dei soldati, infatti sarà proprio così.
La paura è la vera protagonista di questa storia: la paura di perdere i propri cari, la paura di morire, la paura di non tornare a casa... praticamente la paura di chi realmente si trova in guerra. Il gioco non è più un gioco, le regole da rispettare non sono state condivise, chi muore non va ad aspettare gli altri al campo base scelto, muore sul serio e prima patisce pure.

Sono molto cruente infatti le scene di morte presenti in questo film, non solo degli uomini, ma anche degli animali. Il primo cane viene investito dalla macchina dei ragazzi mentre raggiungono il luogo del gioco (“è solo un cane, non è successo niente di grave”), il secondo viene letteralmente giustiziato da uno dei soldati per allenarsi a uccidere (“non mi diverto più ad uccidere i cani”). Questo atteggiamento verso la morte di animai crea uno stato d'animo di disagio.

Nella seconda parte del film la storia si concentra più su Lara che vuole in tutte le maniere ritrovare la sorella rapita dai tre uomini e liberarla.
Alcune parti cominciano a vacillare nella trama, ma è la regia il punto forte del film, il modo in cui cose già viste e sentite in altri film vengono narrate.
Il regista utilizza anche effetti sonori per rendere più partecipi gli spettatori, ad un certo punto dopo lo scoppio di una mina, si perde per qualche secondo l'utilizzo del sonoro, dando davvero il senso dello stordimento che si percepisce dopo un gran botto.
Dopo una lunga sequenza di un inseguimento, la macchina da presa traballa mostrandosi stanca anche lei e noi che guardiamo riusciamo ad avere il “fiatone visivo” (credo che non esista questo termine, ma per rendere l'idea).
Ovviamente buoni gli effetti speciali, bravi gli attori, la protagonista Lara (Stephanie Chapman-Baker) su tutti e un finale coinvolgente e amaro.

Ottima la colonna sonora che con le canzoni dei Soap&Skin sottolineano in modo davvero originale scene terribili e angoscianti, creando destabilizzazione visiva.

Cosimo Alemà, nonostante sia giovane, nonostante al suo primo film, ha le idee chiare e una ottima capacità di utilizzare la macchina da presa al meglio. Sicuramente il suo lavoro di regista di numerosi videoclip musicali (più di 200 al suo attivo) gli ha dato quella sicurezza nel condensare nelle immagini, più che nei dialoghi e nella trama, il senso della storia. Senza però manierismi o senza compiacersi troppo, non perde mai la concentrazione su quello che sta girando e sul motivo per cui lo sta facendo, è uno dei pochi giovani registi italiani di questo ultimo periodo che sa utilizzare la macchina da presa nelle scene di azione, in questo lo trovo davvero eccellente.
Il film è prodotto da “The Mob”, compagnia fondata dallo stesso Alemà, questo mi fa ben sperare che il suo lavoro di regista cinematografico possa proseguire nel tempo.

Note personali: questo Cosimo Alemà mi piace proprio, lo tengo d'occhio.

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